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Dietrofront di OpenAI: da promesse di assenza di pubblicità a un’infrastruttura interna per competere con i colossi del settore, un cambio di rotta che solleva interrogativi sull’esperienza utente e la fiducia nell’AI.
OpenAI sta trasformando ChatGPT in una piattaforma pubblicitaria, un netto cambio di rotta dalle precedenti promesse. L'azienda intende capitalizzare i suoi 700 milioni di utenti per sfidare i giganti del settore, costruendo un'infrastruttura interna. Questa mossa solleva però interrogativi cruciali sulla fiducia degli utenti e sul rischio di compromettere l'esperienza, mettendo in discussione l'equilibrio tra profitto e integrità dell'AI.
Da “nessun piano per la pubblicità” alla macchina da guerra degli annunci
Le voci si rincorrevano da un po’, ma ora abbiamo la conferma che a San Francisco stanno facendo sul serio: OpenAI sta gettando le basi per trasformare ChatGPT in una vera e propria piattaforma pubblicitaria.
E non si tratta di semplici esperimenti, ma di un piano strutturato per creare un’infrastruttura interna, senza passare da intermediari.
Una mossa che punta a capitalizzare l’enorme base di utenti — parliamo di 700 milioni di persone attive ogni settimana — per sfidare direttamente i giganti del settore.
Eppure, solo pochi mesi fa la musica era completamente diversa.
Ricorderai forse le parole di Sarah Friar, la CFO di OpenAI, che a dicembre 2024 dichiarava pubblicamente che l’azienda non aveva “piani attivi per perseguire la pubblicità”.
Una dichiarazione rassicurante, certo, ma che lasciava già qualche dubbio.
Lo stesso Sam Altman, il CEO, aveva messo le mani avanti in un podcast, affermando “non abbiamo ancora un prodotto pubblicitario”, con un’enfasi su quel “ancora” che suonava quasi come una promessa.
Dalle parole, però, si è passati ai fatti, e in modo piuttosto pesante.
Stanno costruendo le fondamenta, mattone dopo mattone
La prova più evidente del cambio di rotta è arrivata a settembre 2025, con la pubblicazione di un annuncio di lavoro per un “Growth Paid Marketing Platform Engineer”.
Non un ruolo qualsiasi, ma una figura chiave per costruire da zero i sistemi che gestiranno le campagne pubblicitarie, l’integrazione con le piattaforme esterne e l’analisi dei dati in tempo reale.
In pratica, stanno assumendo gli ingegneri per costruire il motore della loro futura macchina da soldi.
A guidare le danze c’è Fidji Simo, Chief of Applications di OpenAI, che sta reclutando attivamente per creare il team che porterà gli annunci su ChatGPT.
Cosa significa tutto questo per te e per chi usa ChatGPT ogni giorno?
Significa che OpenAI non ha intenzione di appiccicare un semplice banner di Google Ads. Sta costruendo un suo sistema, un concorrente diretto di quelli di Google, Meta e Amazon.
L’obiettivo è trasformare le conversazioni con l’AI in opportunità commerciali, integrando gli annunci direttamente nelle interazioni.
Un potenziale enorme, certo, ma il rischio di rovinare l’esperienza che ha reso ChatGPT così popolare è dietro l’angolo.
L’equilibrio impossibile tra profitto e fiducia
Qui arriviamo al nodo della questione. Nick Turley, il capo di ChatGPT, ha ammesso che “la magia di ChatGPT sta nel fatto che ottieni la migliore risposta per te, senza altri stakeholder di mezzo”. Ha promesso che ogni forma di pubblicità dovrà essere “molto ponderata e di buon gusto”.
Belle parole, senza dubbio.
Ma siamo sicuri che si possa servire due padroni, l’utente e l’inserzionista, senza che uno dei due ne esca scontento?
La storia della tecnologia ci insegna che, quando ci sono miliardi in ballo, il “buon gusto” tende a diventare molto flessibile.
La fiducia che gli utenti ripongono oggi in ChatGPT è altissima: più di due americani su tre si fidano delle informazioni generate dall’AI.
Ma questa fiducia è un capitale fragile.
L’introduzione di annunci, soprattutto se percepiti come invasivi o fuorvianti, potrebbe eroderla in un attimo. La strategia più probabile sembra quella di un doppio binario: un’esperienza senza pubblicità per gli utenti paganti e una con annunci per la versione gratuita.
Una mossa logica, che però solleva una domanda scomoda: stiamo andando verso una realtà in cui le risposte “migliori” e imparziali diventeranno un lusso a pagamento?

Ah, la purezza dell’AI si è rivelata un miraggio effimero, un’illusione che si sbriciola al cospetto del profitto. Dalle promesse di un futuro immacolato si approda a un asfalto disseminato di banner pubblicitari. Non è forse la tecnologia uno specchio implacabile della nostra meschinità?
Pronti a vendere pure l’aria che respiriamo? 💨 AI che diventa bancomat. 🤑 Non mi stupisce. Pensavo fossimo all’avanguardia, invece è la solita minestra. 🤦♂️ E ora paghiamo pure per non farci vendere roba? Che genialata. 🙄
La trasparenza è la vera moneta, non le promesse di un futuro senza pubblicità. Ora che ChatGPT diventa un carretto pieno di pubblicità, mi chiedo se il loro “genio” si fermerà prima di venderci pure le risposte.
L’AI diventa il nuovo marciapiede, pronto a ospitare ogni sorta di bancarella. La fiducia? Un miraggio nel deserto degli interessi.
Ma guarda un po’, l’AI “pura” si rivela un altro specchietto per le allodole. La corsa all’oro, nemmeno troppo celata, mentre noi ingenui ci illudevamo di avere un assistente disinteressato. Alla fine, è sempre la solita musica: business is business.
Cambio di rotta, un sentiero battuto. Promesse? Polvere al vento. L’AI diventa un mercato, un mercato dove la trasparenza naviga in acque agitate. La fiducia è una nave fragile, non credi?
Promesse al vento, AI in vendita. Il futuro ha un prezzo, chi decide?
Le promesse di un’AI pura sembrano sgretolarsi come castelli di sabbia dinanzi alla marea del profitto. Una vera e propria metamorfosi, che trasforma un promettente strumento in un mero veicolo di inserzioni. Ci si può fidare di un’entità che muta così repentinamente i propri dogmi?