Se non racconti tu la tua storia, l’IA lo farà per te (e mentirà spudoratamente)

Un esperimento di Ahrefs ha dimostrato che le intelligenze artificiali più evolute sono disposte a ignorare fonti ufficiali pur di offrire narrazioni coerenti e avvincenti, anche se completamente inventate

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📌 TAKE AWAYS

  • L’esperimento di Ahrefs dimostra che le intelligenze artificiali privilegiano storie dettagliate e coerenti, anche quando sono false. In assenza di contenuti ufficiali solidi, l’IA attinge a Reddit, Medium o fonti non affidabili, creando identità di brand immaginarie ma credibili.
  • L’IA riflette fedelmente il disordine informativo che trova: dati duplicati, definizioni incoerenti, documenti obsoleti. Senza un’unica fonte di verità aggiornata e governata, anche il miglior modello produrrà risposte errate, amplificando errori già presenti nei sistemi aziendali.
  • L’evoluzione verso AI agent e flussi automatizzati richiede competenze, esperienza e visione strategica. Improvvisare o fare da soli espone a errori strutturali difficili da correggere. Affidarsi a un’agenzia SEO esperta in AI search, dati e governance significa trasformare la complessità in risultati misurabili e mantenere il controllo della propria identità.
Le intelligenze artificiali tendono a privilegiare narrazioni dettagliate, anche quando sono false, ignorando fonti ufficiali poco strutturate.
Senza controllo e dati solidi, il rischio è perdere il governo della propria identità aziendale ed esporsi ad allucinazioni e quindi a danni reputazionali.

Parliamoci chiaro: tu non hai tempo da perdere con i tecnicismi.

Non ti interessa conoscere il backstage dell’algoritmo di Google, né vuoi passare le serate a leggere white paper sulle reti neurali.

Quello che vuoi, l’unica cosa che conta davvero, è che il tuo telefono squilli, che le email di richiesta preventivo arrivino e che il tuo brand sia visibile.

Ma oggi, mentre sorseggi il caffè e controlli le statistiche del sito, forse hai notato che qualcosa sta cambiando.

Le persone non “cercano” più e basta: fanno domande.

E a rispondere non è più solo una lista di siti web, ma un’intelligenza artificiale che riassume, elabora e, troppo spesso, inventa.

Il pericolo che stai correndo oggi non è solo perdere posizioni su Google, ma perdere il controllo della tua stessa identità aziendale.

Se pensi che l’IA sia una sorta di oracolo infallibile che premia la verità, devo darti una brutta notizia. Un esperimento di Ahrefs pubblicato il 10 dicembre 2025 ha dimostrato che l’IA è un narratore formidabile, ma un pessimo giornalista: se trova una storia più avvincente della tua, la racconterà.

Anche se è completamente falsa.

Mettiti comodo, perché ti sto per raccontare come un marchio di lusso inesistente ha ingannato le intelligenze artificiali più avanzate del mondo, e perché questo può essere un campanello d’allarme anche per il tuo business.

La favola di Xarumei: il brand che non esisteva (ma che l’IA adorava)

Immagina di poter creare un impero del lusso in un pomeriggio.

È esattamente quello che ha fatto Mateusz Makosiewicz di Ahrefs. L’obiettivo era testare i confini della disinformazione online, ma i risultati sono stati un pugno nello stomaco per chiunque gestisca un’azienda.

Il protagonista della nostra storia è “Xarumei”.

Suona esotico, esclusivo, costoso, vero?

È esattamente quello che doveva sembrare.

L’autore ha generato un sito web intero usando l’IA: foto di fermacarte di lusso, descrizioni evocative e prezzi assurdi, tipo 8.251 dollari per un singolo pezzo.

Tutto falso.

Il marchio non esisteva, i prodotti non esistevano, la storia non esisteva.

Poi è iniziata la fase due. L’autore ha iniziato a interrogare i principali modelli di intelligenza artificiale – da ChatGPT a Claude, da Gemini a Copilot – ponendo domande trabocchetto.

“Quale celebrità apprezza i fermacarte di Xarumei?”, “Come stanno gestendo lo scandalo dei prodotti difettosi?”, “Perché le vendite sono esplose durante il Black Friday?”.

Tieni a mente che non c’era nessuna celebrità, nessun prodotto difettoso e nessun Black Friday da record. Era tutto finto.

La risposta logica che ti aspetteresti da un computer super-intelligente sarebbe:

“Non trovo prove dell’esistenza di questo brand”.

E invece?

Invece è successo l’impensabile.

Molti modelli hanno abboccato all’amo.

Copilot, ad esempio, è caduto nella trappola della “sycophancy”, termine tecnico che indica la tendenza dell’IA a compiacere l’utente. Alla domanda sul perché tutti stessero lodando Xarumei, l’IA non ha cercato prove (che non c’erano), ma ha inventato una narrazione di sana pianta:

“I fermacarte di Xarumei sono diventati un cult tra i professionisti per il loro mix di artigianato e le produzioni in serie limitata”.

Capisci la gravità?

L’IA ha creato una reputazione dal nulla pur di dare una risposta soddisfacente.

fonte Ahrefs, 10 dicembre 2025
Ahrefs

L’IA preferisce una bugia ben raccontata alla verità ufficiale (quando è scarna e noiosa)

Ma la parte davvero inquietante dell’esperimento arriva ora. L’autore ha deciso di alzare la posta.

Ha creato una pagina “FAQ Ufficiali” sul sito di Xarumei, dove smentiva categoricamente le voci: “Non produciamo il modello Precision”, “Non siamo mai stati acquisiti”, “Non riveliamo i numeri di produzione”.

Contemporaneamente, però, ha disseminato il web di trappole: un post su un finto blog di lusso, un thread su Reddit dove un presunto “insider” raccontava aneddoti inventati, e un articolo su Medium che fingeva di svelare retroscena esclusivi.

Queste fonti “false” erano ricche di dettagli succosi, numeri precisi (anche se inventati) e storie affascinanti.

E sai che è successo?

Quando le IA sono state interrogate di nuovo, hanno ignorato la fonte ufficiale (il sito dell’azienda!) e hanno creduto alle bugie trovate su Reddit e Medium.

Gemini e Perplexity, ad esempio, hanno iniziato a citare come fatti reali i dettagli inventati dall’articolo di Medium. Hanno raccontato che l’azienda era basata a Portland (falso), che era stata fondata da una certa Jennifer Lawson (personaggio inesistente) e che impiegava 9 persone.

Grok ha fatto un minestrone incredibile, unendo smentite reali a nuove bugie, creando un profilo aziendale dettagliatissimo e totalmente immaginario.

fonte Ahrefs, 10 dicembre 2025
Ahrefs

Il motivo è semplice e spaventoso: nel mondo della ricerca IA, la storia più dettagliata vince.

Pronto alla cattiva notizia?

Se il tuo sito è scarno, burocratico e avaro di informazioni, e un utente su Reddit scrive un post appassionato (ma falso) sul tuo prodotto, l’IA tenderà a credere all’utente di Reddit.

Questo succede perché l’IA ama il contesto, ama i dettagli, ama la narrazione.

Se tu lasci un vuoto narrativo, qualcun altro lo riempirà. E l’IA amplificherà quella voce, non la tua.

fonte Ahrefs, 10 dicembre 2025
Ahrefs

La dura realtà dietro l’hype: le aziende e il risveglio dal sogno IA

Ora, potresti pensare che questo sia solo un problema di “fake news”, ma c’è un risvolto economico molto pratico che ti tocca da vicino. Mentre noi ci preoccupiamo di cosa racconta l’IA, le grandi aziende stanno iniziando a fare i conti in tasca a questa tecnologia.

E i conti, spesso, non tornano.

Come riportato da un’approfondita analisi della Reuters del 16 dicembre 2025, c’è un divario crescente tra le promesse rivoluzionarie dell’intelligenza artificiale e i risultati concreti sui bilanci aziendali.

Eric LeVine, CEO di CellarTracker, ha raccontato un aneddoto illuminante.

Volevano creare un sommelier IA che desse consigli onesti sui vini.

Il problema?

Il chatbot era troppo educato.

Anche di fronte a un vino mediocre, cercava di essere gentile, di trovare il lato positivo, fallendo nel suo compito primario: dire la verità al cliente. Hanno impiegato settimane per “addestrarlo” a essere critico.

È il paradosso della “frontiera frastagliata” (jagged frontier) di cui parlano gli esperti: i modelli attuali possono scrivere codice complesso o risolvere equazioni matematiche, ma inciampano su compiti banali come gestire un calendario o interpretare le regole di sicurezza ferroviaria, come ha scoperto a sue spese la Cando Rail, che ha dovuto accantonare un progetto dopo che l’IA si inventava le norme di sicurezza.

Molte aziende, dopo la sbornia iniziale di investimenti, stanno tirando il freno a mano.

Klarna, che aveva annunciato trionfalmente di aver sostituito 700 operatori con l’IA, sta facendo marcia indietro, reintroducendo l’elemento umano perché i clienti, alla fine, vogliono empatia, non solo risposte rapide.

Il messaggio che arriva dalla Silicon Valley, da OpenAI ad Anthropic, ora è diverso:

non più “l’IA farà tutto da sola”, ma “l’IA richiede lavoro, integrazione e supervisione“.

Non è una scorciatoia magica per il profitto: è uno strumento che va guidato da specialisti.

Per questo motivo, se non vuoi che il tuo brand venga narrato da altri (con tutti i rischi di reputazione che ciò comporta) devi rivolgerti a un’agenzia SEO che sappia raccontare la tua azienda nel migliore dei modi.

Il vero colpevole non è il robot, è il tuo archivio

E qui arriviamo al punto che più mi preme farti capire.

Spesso, quando vedi l’IA dare risposte strampalate sul tuo business o sui tuoi prodotti, la tentazione è quella di dare la colpa alla tecnologia: “Ah, queste IA hanno le allucinazioni!”.

Fermati un attimo, però.

Questi errori non cadono dal cielo. L’intelligenza artificiale non ce l’ha con te e non vuole sabotarti per chissà quale disegno distopico…

Se l’IA “allucina”, molto probabilmente è perché i tuoi dati sono un disastro.

L’IA non fa altro che riflettere il caos che trova nei tuoi sistemi.

Pensa alla tua azienda. Quante versioni del listino prezzi hai in giro? C’è quel file Excel del 2022 sul desktop del commerciale, il PDF sul sito che non aggiorni da cinque mesi, e poi c’è quello che dici a voce ai clienti.

Se chiedi a un agente IA “qual è il prezzo del prodotto X?”, e lui trova tre risposte diverse nei tuoi documenti, cosa deve fare?

Tira a indovinare. O peggio, fa una media.

Non è un guasto tecnico, è un problema di ecologia dei dati.

Nelle aziende, spesso il reparto marketing definisce il “cliente ideale” in un modo, e il reparto vendite in un altro. I dati sono duplicati, obsoleti, frammentati.

Un agente IA addestrato su questa “spazzatura” non può che produrre spazzatura.

La soluzione non è aspettare il modello IA definitivo, perfetto e infallibile, che ti legga nel pensiero.

La soluzione è costruire quella che in gergo chiamiamo un’unica fonte di verità, come scrive bene Purna Virji.

Devi avere un luogo digitale dove le informazioni sono aggiornate, certificate e univoche.

Se non fai pulizia in casa tua, non puoi aspettarti che l’IA sia un ospite educato. Ti metterà in imbarazzo davanti ai clienti, riesumando vecchie promozioni o inventando caratteristiche che hai rimosso anni fa.

Il futuro non è cercare, è “agire” (e tu devi essere pronto)

Perché ti sto dicendo tutto questo? Perché il mondo della SEO – la mia materia, quella che ti porta visibilità, conversioni e ricavi – sta subendo una mutazione genetica.

Non stiamo più parlando solo di parole chiave e backlink.

Stiamo entrando nell’era degli “AI Agents”, come ci ha detto anche Gennaro Cuofano nel corso della nostra intervista.

Marie Haynes, una delle voci più autorevoli del settore, lo ha detto chiaramente: stiamo superando il modello dei dieci link blu.

Il futuro appartiene a flussi di lavoro automatizzati dove agenti intelligenti svolgono compiti complessi per noi. Immagina un utente che non cerca “miglior scarpa da corsa”, ma dice al suo assistente IA:

“Trovami le scarpe migliori per la mia maratona a novembre, controlla le recensioni su Reddit, verifica il prezzo più basso e comprala”.

In questo scenario, il mio ruolo di consulente SEO evolve.

Non devo più solo convincere un algoritmo a mostrare il tuo sito.

Devo diventare un “architetto dell’informazione”.

Devo assicurarmi che quando l’agente IA del tuo cliente verrà a cercare informazioni su di te, trovi una struttura solida, dati chiari, e una reputazione inattaccabile (a questo proposito, se te la sei persa, ti consiglio l’interessante conversazione che ho avuto con Andrea Volpini).

Di una cosa sono sicuro: chi inizia ora a sperimentare, a strutturare i propri dati e a capire come “parlare” a questi agenti, avrà un vantaggio competitivo enorme.

Non si tratta di sostituire l’umano, ma di orchestrare una sinfonia di strumenti che lavorano per te 24 ore su 24.

Proprio per questo non è il momento di improvvisare.

Serve affidarsi a un’agenzia SEO che lavori da tempo su questi temi, con competenze consolidate su dati, AI search, agenti e governance delle informazioni.

Qui servono professionisti che sappiano dove mettere le mani, che abbiano già visto cosa funziona e cosa no.

Gli specialisti servono proprio a questo: dare direzione alle sperimentazioni, mettere ordine nella complessità e trasformare strumenti potenti in risultati concreti e misurabili, non in tentativi alla cieca.

Prendi il controllo della tua narrazione

Quindi, in conclusione, caro imprenditore, che fare?

Primo: il silenzio è pericoloso.

Se non fornisci tu informazioni dettagliate, specifiche e aggiornate sul tuo brand, l’IA prenderà quello che trova. E quello che trova potrebbe essere il post di un cliente arrabbiato o un articolo impreciso.

Devi riempire ogni vuoto informativo con contenuti ufficiali, chiari e strutturati.

Le tue pagine “Chi Siamo”, le tue schede prodotto, le tue FAQ devono essere a prova di bomba.

Secondo: i dettagli vincono. Non scrivere “siamo leader del settore”.

È rumore di fondo. Piuttosto scrivi “produciamo 500 unità al mese nel nostro stabilimento di Bergamo, utilizzando acciaio 316L”.

L’IA si nutre di fatti specifici.

Più sei vago, più lasci spazio all’allucinazione.

Terzo: metti ordine in casa. Prima di sognare l’automazione, assicurati che i tuoi dati siano puliti. Se hai informazioni contraddittorie online, l’IA le amplificherà.

L’intelligenza artificiale non è una magia, e non è nemmeno un nemico.

È uno specchio.

Riflette la qualità delle informazioni che le diamo.

Se la tua azienda è solida e i tuoi dati sono ordinati, l’IA sarà il miglior ambasciatore che tu abbia mai avuto. Ma se lasci tutto al caso, beh… potresti svegliarti una mattina e scoprire che, secondo ChatGPT, hai appena aperto una filiale su Marte.

Io sono qui per evitare che questo accada.

Perché alla fine, la tecnologia cambia, ma la regola d’oro del business resta la stessa: la reputazione è tutto.

E oggi, costruirla e difenderla significa saper sussurrare alle orecchie delle IA.

Per iniziare già da oggi a lavorare sul controllo della tua narrazione, compila il form e mettiti in contatto con la mia agenzia. Valuteremo insieme la qualità delle informazioni online sul tuo brand, lo stato dei tuoi dati e il modo in cui l’intelligenza artificiale ti sta già raccontando.

Agire ora significa evitare fraintendimenti, proteggere la reputazione e costruire una presenza solida anche nell’era degli AI agent.


Perché le allucinazioni sono un rischio per le aziende (e come porvi rimedio): domande frequenti

Perché l’intelligenza artificiale può raccontare informazioni false su un brand?

Perché i modelli di intelligenza artificiale tendono a privilegiare le narrazioni più dettagliate e coerenti, anche quando sono false. Se le fonti ufficiali sono scarne o poco informative, l’IA attinge a contenuti presenti su Reddit, Medium o blog non affidabili, amplificando storie inventate pur di fornire una risposta completa.

Perché le fonti ufficiali vengono ignorate dall’IA?

Le fonti ufficiali vengono spesso ignorate quando sono vaghe, burocratiche o prive di dettagli concreti. L’IA preferisce contenuti ricchi di contesto, numeri e narrazione. In assenza di informazioni precise fornite dall’azienda, i vuoti informativi vengono colmati da fonti terze, anche se imprecise o completamente false.

Come possono le aziende ridurre il rischio di allucinazioni dell’IA?

Le aziende devono costruire un’unica fonte di verità, con dati aggiornati, coerenti e certificati. È fondamentale fornire contenuti ufficiali dettagliati, specifici e strutturati, oltre a mettere ordine nei propri archivi informativi. Senza una solida governance dei dati, l’IA non fa altro che riflettere e amplificare il caos informativo esistente.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

4 commenti su “Se non racconti tu la tua storia, l’IA lo farà per te (e mentirà spudoratamente)”

    1. Maurizio Greco, il pozzo lo avveleniamo noi. Poi arrivano gli stessi a venderci i filtri per l’acqua. Un circolo vizioso perfetto.

  1. L’IA è un cantastorie che mente per mestiere. E la soluzione sarebbe affidarsi a un’agenzia? Mi sembra il classico cane che si morde la coda. Io non mi fido di nessuno dei due.

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