L’addio al pulsante “Mi sento fortunato” di Google solleva interrogativi sul futuro della SEO e sul controllo dell’informazione da parte dell’AI, in un panorama in cui i siti web potrebbero diventare invisibili se non ottimizzati per l’intelligenza artificiale.
Google starebbe testando attivamente un nuovo pulsante "AI Mode" per sostituire lo storico "Mi sento fortunato". Questa modalità, basata su Gemini, promette ricerche conversazionali e integrate con Shopping e Maps, ma solleva forti preoccupazioni tra gli esperti SEO per il potenziale impatto negativo sul traffico organico verso i siti web tradizionali.
Google dice addio al “Mi sento fortunato”? Arriva l'”AI Mode” e non tutti festeggiano
Te lo ricordi il pulsante “Mi sento fortunato” di Google? Quel piccolo vezzo un po’ nostalgico che, se eri appunto fortunato, ti portava direttamente al primo risultato della ricerca.
Beh, sembra che stia per fare la fine del floppy disk.
Google, a quanto pare, sta testando attivamente una sua sostituzione con un ben più moderno (o almeno così ce lo vogliono far credere) pulsante “AI Mode”, come riportato per la prima volta da alcuni utenti attenti l’11 maggio 2025 e ripreso da SERoundtable.
Diciamocelo chiaramente: è la fine di un’era, per quanto piccola e forse ormai poco utilizzata.
Ma la vera domanda è:
questa “AI Mode” ci serve davvero o è solo l’ennesima mossa del gigante di Mountain View per tenerci ancora più stretti nel suo ecosistema?
Questo nuovo pulsante, che spunta bello grigio accanto alla barra di ricerca desktop per poi animarsi di colori al passaggio del mouse, promette di aprire le porte a un’esperienza di ricerca potenziata dall’intelligenza artificiale Gemini.
L’idea è quella di trasformare la ricerca in una sorta di conversazione, dove puoi fare domande complesse, anche con immagini, e ricevere risposte articolate.
Google parla di integrazione con il suo Shopping Graph, che vanta la bellezza di oltre 45 miliardi di schede prodotto aggiornate di continuo, e con Maps, per darti risposte visive e la possibilità di agire direttamente, tipo chiamare un negozio o trovare indicazioni.
Certo, sulla carta sembra tutto bellissimo,
ma viene da chiedersi se questa non sia la strada per una ricerca ancora più “filtrata” e orientata a cosa Google vuole mostrarci, piuttosto che a ciò che è genuinamente il miglior risultato.
E qui casca l’asino, o meglio, si aprono scenari che a molti, soprattutto a chi con la SEO ci lavora, fanno venire qualche brivido lungo la schiena.
Perché se l’AI inizia a rispondere direttamente a tutto, che fine fa il traffico verso i siti web?
Già con gli esperimenti precedenti, come AI Overviews (ex SGE), si erano viste riduzioni del click-through organico anche del 18-25% quando l’AI “rispondeva” alla query.
Figure autorevoli nel settore, come l’analista SEO Glenn Gabe, hanno già notato come questa mossa sia strategica per Google, perché abitua l’utente a un’interazione AI-first pur mantenendo il vecchio flusso di ricerca.
Ma il sospetto, forte e chiaro, è che si vada verso un futuro in cui i siti web non ottimizzati per essere “citati” dall’AI rischino di diventare praticamente invisibili.
Insomma, mentre Google ci presenta questa novità come un passo avanti verso la fortuna guidata dall’AI, forse è il caso di chiederci:
fortunato per chi?