Tra etichette e trasparenza: Google introduce “Ads funded by”, ma è davvero un passo avanti o l’ennesimo tentativo di bilanciare obblighi e profitti?
Google ha introdotto nuove etichette "Ads funded by" per indicare chi finanzia gli annunci, puntando a una maggiore trasparenza. Tuttavia, sorgono dubbi sulla reale efficacia di questa mossa, soprattutto considerando la complessità delle strutture societarie e la storia di Google con le etichette pubblicitarie, sollevando interrogativi sul beneficio effettivo per utenti e brand.
Google e la trasparenza: fumo negli occhi o una svolta reale con le nuove etichette “ads funded by”?
Google abbia deciso di fare un altro passettino verso la “trasparenza” – metto le virgolette perché, diciamocelo, quando si parla di Big G e chiarezza, un po’ di sano scetticismo non guasta mai, no?
La novità è che ora, accanto agli annunci nelle ricerche, potresti iniziare a vedere delle etichette “Ads funded by”, ovvero “Annunci finanziati da”.
L’idea, almeno sulla carta, è quella di mostrare chi c’è davvero dietro i soldi che pagano quella pubblicità, come spiegato da diverse testate tra cui Search Engine Land che ha seguito da vicino la vicenda.
Insomma, vogliono farci capire meglio le connessioni societarie che influenzano quello che vediamo online.
Bello, vero?
Peccato che la strada per una trasparenza autentica sia lunga e lastricata di “esperimenti” che a volte lasciano il tempo che trovano.
Ma aspetta un attimo, ti starai chiedendo: come funzionano esattamente queste etichette e cosa cambia per te, che magari su Google ci investi tempo e denaro?
Non è così semplice come sembra.
Dietro le quinte delle etichette: chi paga davvero e cosa significa per il tuo brand?
In pratica, queste nuove etichette pescano direttamente dai profili di pagamento registrati su Google My Ad Center.
E qui casca l’asino, o meglio, potrebbe cascare.
Perché, a differenza di quanto accadeva prima, quando si segnalavano solo le discrepanze tra il nome dell’inserzionista e quello di chi effettivamente pagava, ora l’etichetta spunta fuori sempre.
Sì, hai capito bene: anche se il nome dell’azienda che fa l’annuncio e quello del profilo di pagamento coincidono, l’etichetta ci sarà.
Ginny Marvin, la Ads Liaison di Google, ha cercato di indorare la pillola dicendo che si tratta di un’evoluzione dei precedenti test con le etichette “Sponsored”, quelli, te li ricordi?, dove gli inserzionisti non pagavano nemmeno per i click, come riportato su SERoundtable.
Ora, invece, il legame tra chi mette i soldi e la campagna attiva dovrebbe essere nero su bianco.
Ma la domanda sorge spontanea:
questa trasparenza forzata gioverà davvero all’utente o finirà per confondere ancora di più le idee, soprattutto quando entrano in gioco holding complesse o agenzie terze che gestiscono i budget?
Anthony Higman, CEO di ADSQUIRE, ha subito messo le mani avanti, condividendo degli screenshot e sottolineando come, secondo lui, questa mossa costringerà i brand a far quadrare i conti tra l’immagine pubblica e le strutture finanziarie reali, come si legge su Digitrendz.
Immagina la scena:
scopri che il tuo brand preferito, quello tutto etica e sostenibilità, è in realtà finanziato da una multinazionale che, diciamo, non brilla proprio per gli stessi valori.
Come la prenderesti?
E se ti dicessi che questa non è la prima volta che Google gioca a fare il trasparente con le etichette, lasciandoci spesso con più domande che risposte concrete?
Un copione già visto? Tra promesse di chiarezza e dubbi che restano (eccome!)
Se hai qualche primavera sulle spalle nel mondo del marketing digitale, ricorderai che la questione delle etichette degli annunci di Google non è certo nuova. Già nel lontano 2010, come descritto da Ben Edelman in una sua analisi piuttosto critica, si discuteva dell’incoerenza di Google nell’usare termini come “Ads” o “Sponsored Links”, creando non poca confusione.
E non è che le cose siano cambiate dalla sera alla mattina; c’è voluta la pressione della FTC, che ha iniziato a battere i pugni sul tavolo chiedendo “informative chiare e ben visibili”, per spingere i colossi del web a muovere qualche passo. Quindi, questa nuova etichetta “Ads funded by” si inserisce in un percorso lungo e tortuoso.
Ma basta davvero a fugare ogni dubbio?
Durante i test precedenti, quelli con le etichette “Sponsored” per le ricerche commerciali, personaggi come Glenn Gabe si chiedevano, e a buona ragione: “Chi sta ‘sponsorizzando’ questi link se gli inserzionisti non pagano per click?”. Google, dal canto suo, rispondeva che quei suggerimenti erano “classificati usando la rilevanza e la probabilità di mostrare annunci”, non pagamenti diretti. Capisci bene che la linea tra consiglio spassionato e pubblicità pagata diventa sottile, molto sottile.
Ora, con le etichette di finanziamento permanenti, sembra che si voglia fare un passo in più verso la responsabilità.
Ma siamo sicuri che questo non apra la porta a nuove forme di “ottimizzazione della trasparenza”, dove le aziende più scaltre troveranno comunque il modo di mascherare le proprie strutture finanziarie?
Come sottolineato in un report di LinksGPT, le aziende che operano con più brand sotto un unico ombrello societario potrebbero trovarsi sotto i riflettori, e non sempre in senso positivo, se gli utenti iniziano a scavare e a scoprire chi finanzia chi. E mentre ci dicono che, in alcuni settori focalizzati sulla trasparenza, queste etichette avrebbero portato a un aumento del 12-18% nei click-through rate…
…la vera domanda è: a quale prezzo per la percezione del brand e per la reale comprensione da parte dell’utente?
La sensazione è che, ancora una volta, Google stia cercando di bilanciare le pressioni normative con i propri interessi commerciali, lasciando a noi il compito di decifrare cosa ci sia di vero e cosa sia, invece, l’ennesima mossa di un gioco molto più grande.
Staremo a vedere, ma tenere gli occhi aperti, come sempre, è d’obbligo.
Io sono straconvinto che Google stia cercando di darci abbondanza di fuzz e non chiarezza! Ti ricordi quando hanno lanciato il “non tracciare”? Alla fine era solo un’eccezione! E questa è davvero tanta roba?
Mi chiedo se queste etichette ci salveranno davvero dalla confusione. È come mettere un’etichetta su un pasticcino avariato, no? 😊 Tu cosa ne pensi?
Ma davvero pensi che queste etichette cambieranno il gioco? Ho sempre trovato che Google faccia un gran bel lavoro a confondere le acque. Una volta ho cliccato su un annuncio pensando fosse una recensione, e indovina un po’? Era solo pubblicità travestita! Trasparenza o solo un altro trucco?