Le regole del digitale stanno cambiando.
O sei visibile o sei fuori. Noi ti aiutiamo a raggiungere i clienti giusti — quando ti stanno cercando.
Contattaci ora →Google detta le regole: ecco come adeguare il tuo e-commerce per non perdere visibilità su reso e programmi fedeltà
Google ha implementato nuove, più rigide linee guida per i dati strutturati relativi alle politiche di reso e ai programmi fedeltà per gli e-commerce. Le regole generali vanno definite a livello di organizzazione, le eccezioni a livello di prodotto. Sorprendentemente, sconti sulla spedizione e periodi di reso estesi per membri fedeltà non saranno mostrati nei rich snippet. L'adeguamento è necessario per mantenere la visibilità.
Google mette ordine, ma a modo suo: cosa devi sapere sulle nuove regole per i dati strutturati
Google ha deciso di fare un po’ di pulizia e, come al solito quando lo fa, per chi ha un e-commerce significa rimettersi a studiare. Questa volta nel mirino ci sono i dati strutturati per le politiche di reso e per i programmi fedeltà. In sostanza, Big G ha aggiornato le sue linee guida per dire a tutti, in modo molto più rigido, come implementare queste informazioni. L’obiettivo dichiarato è portare coerenza nei risultati di ricerca, ma tra le righe si legge un messaggio chiaro: o segui le nostre regole, o i tuoi bei vantaggi per i clienti nei risultati di ricerca te li sogni.
Pensa alla tua politica di reso generale, quella che vale per quasi tutto il tuo catalogo. Ecco, Google ora vuole che tu la definisca una volta sola, a livello di “organizzazione”, usando il MerchantReturnPolicy
. Invece, se hai un prodotto specifico che non può essere reso o ha condizioni particolari, solo in quel caso puoi specificarlo a livello di singola “offerta”.
Stessa logica per i programmi fedeltà: la struttura del programma, con il suo nome e le sue caratteristiche, deve stare sotto l’ombrello dell’organizzazione. I vantaggi concreti, come il prezzo speciale per i membri, vanno invece inseriti nel markup del singolo prodotto.
Una separazione netta che, sulla carta, dovrebbe semplificare le cose.
Tutto chiaro, no?
Definisci le regole generali da una parte e le eccezioni dall’altra. Ma la vera sorpresa, diciamocelo, sta in quello che Google ha deciso di non supportare.
I grandi esclusi: quando la tua offerta non interessa a Google
Ed è qui che le cose si fanno interessanti, perché mentre Google ti dà le istruzioni per mostrare i prezzi per i membri, allo stesso tempo ti dice che due dei vantaggi più comuni dei programmi fedeltà non possono essere comunicati tramite dati strutturati.
Parliamo degli sconti sulla spedizione per i membri e dei periodi di reso estesi, un classico per premiare i clienti più fedeli.
In pratica, anche se offri questi benefici per coccolare i tuoi clienti, Google semplicemente non li mostrerà nei rich snippet.
Una scelta che fa riflettere: si sta privilegiando la pulizia dei propri risultati a discapito della completezza dell’offerta che un e-commerce può comunicare?
Sembra quasi un messaggio implicito: “Dacci i dati che servono a noi per fare confronti puliti, il resto non ci interessa”.
E per chi investe tempo e risorse nel creare un programma fedeltà ricco di vantaggi, questa è una bella limitazione.
Questa mossa, però, non arriva dal nulla.
Fa parte di una strategia molto più ampia con cui Google sta ridisegnando il suo rapporto con i dati che noi forniamo.
Obbedire per apparire: il patto non scritto con Google
La sostanza è questa: o ti adegui a questa struttura più rigida, o rischi di perdere visibilità e quei rich snippet che possono fare la differenza nelle SERP.
Non è un’opzione, ma un obbligo de facto per chiunque voglia giocare la partita della visibilità organica.
Come riportato su Search Engine Journal, queste modifiche sono pensate per risolvere le “incoerenze di implementazione”, ma la traduzione per chi ha un e-commerce è un’altra: un ennesimo cerchio in cui saltare per rimanere nel grande show di Google.
Questo aggiornamento arriva non a caso subito dopo il lancio del supporto ai programmi fedeltà e il contemporaneo pensionamento di ben 7 tipi di dati strutturati ritenuti “poco utilizzati”.
Google sta palesemente potando i rami che ritiene secchi per concentrarsi su quelli che generano più valore, ovviamente per il suo modello di business.
La domanda che resta sospesa è sempre la stessa:
Queste “semplificazioni” servono davvero a migliorare l’esperienza dell’utente finale o a rendere più facile per Google gestire e indicizzare i dati che, gratuitamente, noi tutti forniamo?
Ah, Google! Sempre a riscrivere le regole del gioco. 😅 Ottimo spunto per rimettersi in pari con i dati strutturati! 💪
E così, ancora una volta, si è costretti a piegarsi alle whims di un colosso che decide cosa mostrare e cosa no. Una vera “pulizia”, come la chiamano loro, che ci costringe a inseguire regole che cambiano al loro capriccio. Non si può fare altro che adeguarsi, con un sorriso amaro.
Sempre a correre dietro alle nuove direttive di Google per mantenere la visibilità, è uno spettacolo. Che avventura questo mondo digitale!
Google è un po’ come un direttore d’orchestra digitale. Bisogna accordare gli strumenti dei dati strutturati per non stonare. Un nuovo spartito da imparare!
Un nuovo spartito è servito. Bisogna suonare le note giuste. Altrimenti, silenzio assordante nei rich snippet.
Google ci fa studiare di nuovo, che sorpresa. Almeno la visibilità non è un miraggio.
Un altro giro di giostra. Bisogna adattarsi. Altrimenti, il silenzio degli assenti.
Un palcoscenico di dati, dove ogni schema deve danzare secondo le note di Google. Si naviga in un mare di aggiornamenti, con la speranza che la visibilità non affondi nel gorgo delle nuove regole.