L’Intelligenza Artificiale mente. E ora la tua azienda rischia di pagarne le conseguenze

Come sopravvivere all’era dei “motori di risposta” che sbagliano 4 volte su 5? Ecco perché la tua vecchia SEO non basta più a far crescere il tuo business

📌 TAKE AWAYS

  • I motori di risposta basati su IA commettono errori nel 45% dei casi, con l’81% delle risposte affette da problemi di accuratezza. Le principali criticità riguardano l’assenza o l’inaffidabilità delle fonti, un rischio diretto per la reputazione e la visibilità online delle aziende.
  • Le intelligenze artificiali peggiorano quando vengono addestrate con contenuti di bassa qualità provenienti dai social media. Studi universitari dimostrano che questo “marciume cerebrale” riduce la capacità di ragionamento e la coerenza etica dei modelli, creando un ciclo di degradazione difficile da invertire.
  • La nuova SEO non punta più solo al posizionamento, ma alla credibilità e alla coerenza delle informazioni. I brand devono costruire un’identità digitale chiara, verificabile e diffusa su tutte le piattaforme, per diventare fonti affidabili che l’IA riconosce, comprende e cita come riferimento autorevole.
Le intelligenze artificiali forniscono spesso risposte imprecise e basate su fonti inaffidabili.
Studi autorevoli mostrano un progressivo declino cognitivo dei modelli addestrati con dati scadenti (quelli tratti dai social per esempio).
Le aziende devono puntare su chiarezza e coerenza per restare visibili e credibili.

Sei lì, davanti allo schermo, con il pannello di Google Analytics aperto e un caffè che si sta raffreddando. Vedi il traffico organico che fa su e giù come un elettrocardiogramma impazzito.

Senti parlare di ChatGPT, Gemini, Perplexity, e ti sembra di ascoltare una lingua aliena.

Hai passato anni a capire come funzionava Google, a investire in SEO, a creare contenuti, e ora?

Ora sembra che il manuale di istruzioni che conoscevi sia stato strappato e le sue pagine gettate al vento.

La paura, lo so, è concreta: diventare invisibile.

Sparire dai radar proprio quando un cliente sta cercando la soluzione che tu offri.

La tua non è una paura irrazionale.

È la legittima preoccupazione di un imprenditore che ha costruito qualcosa con fatica e ora vede l’orizzonte farsi nebbioso.

Ti chiedi: Come farò a farmi trovare domani?

Come otterrò clienti se nessuno arriva più sul mio sito?

Come posso competere con un’intelligenza artificiale che fornisce le soluzioni al posto mio?

Sono qui per dirti una cosa: quella che sembra una minaccia insormontabile è, in realtà, un’enorme opportunità di business se capisci le nuove regole prima degli altri.

Non si tratta di abbandonare tutto ciò che hai fatto, ma di adattarlo, di evolverlo.

Vuoi sapere cosa non troverai in questo articolo?

Non troverai formule magiche o soluzioni semplici a questioni complesse.

E sai che cosa troverai?

Dati di fatto, analisi precise e una strategia chiara per guidare il tuo brand in questa transizione.

E quando ti darò delle mie opinioni, puoi star sicuro che saranno suffragate da numeri e studi autorevoli.

Sì, perché il tuo obiettivo, tienilo bene a mente, non è solo rimanere visibili, ma diventare la fonte autorevole che l’IA stessa sceglierà di citare.

Questo, te lo garantisco, vale molto più di un primo posto su Google.

La grande catena di montaggio delle bugie

Prima di capire come agire, devi comprendere a fondo con chi (o cosa) hai a che fare.

Non è un algoritmo perfetto e onnisciente.

È un sistema potente, ma profondamente fallibile.

Immagina di assumere un assistente a cui chiedi informazioni per il tuo business e che, quasi la metà delle volte, ti fornisce dati gravemente errati.

Lo licenzieresti in tronco, vero? Bene, questo è esattamente ciò che sta accadendo con i motori di risposta basati su IA.

Un recentissimo e mastodontico studio condotto nientemeno che dall’European Broadcasting Union (EBU), il consorzio delle televisioni pubbliche europee, in collaborazione con la BBC, ha messo sotto la lente d’ingrandimento i quattro giganti del settore: ChatGPT, Copilot, Perplexity e Gemini.

Hanno analizzato 2.709 risposte a domande di attualità, in 14 lingue diverse e in 18 Paesi.

News Integrity in AI Assistants, studio EBU e BBC 21 ottobre 2025
EBU-BBC Study

I risultati sono, a dir poco, sconcertanti.

L’81% delle risposte presentava almeno un problema.

Pensa a questa cifra: 4 risposte su 5 erano imperfette.

News Integrity in AI Assistants, studio EBU e BBC 21 ottobre 2025
EBU-BBC Study

Ma il dato che deve farti scattare un campanello d’allarme è un altro: nel 45% dei casi, quasi una risposta su due, i problemi erano significativi.

Parliamo di errori gravi, informazioni distorte, fatti completamente inventati.

News Integrity in AI Assistants, studio EBU e BBC 21 ottobre 2025
EBU-BBC Study

Sai qual è stata la criticità principale?

Le fonti.

Spesso assenti, palesemente errate o, peggio, fuorvianti, mescolando brand e notizie senza alcun criterio logico.

News Integrity in AI Assistants, studio EBU e BBC 21 ottobre 2025
EBU-BBC Study

E se ti stai chiedendo chi sia il peggiore della classe, il nome è di quelli pesanti: Gemini, il modello di Google.

La creatura di Big G ha prodotto risposte con errori significativi in un catastrofico 76% dei casi.

Più di 3 risposte su 4 erano sostanzialmente inaffidabili.

La conclusione dei ricercatori è una sentenza, di quelle belle pesanti:

“L’IA distorce sistematicamente le notizie, indipendentemente dalla lingua o dal Paese”.

Ora, trasporta questo scenario nel tuo mondo.

Cosa succede se un potenziale cliente chiede a Gemini “qual è la migliore azienda di [il tuo settore] nella mia città?” e l’IA, basandosi su fonti inesistenti o confuse, cita il tuo concorrente?

O peggio, cosa succede se fornisce informazioni sbagliate sui tuoi prodotti, sui tuoi prezzi o sulla tua reputazione, attribuendole a una fonte inventata?

Il danno è immediato e silenzioso.

Non te ne accorgi, perdi semplicemente un cliente. O ne perdi cento.

Se l’IA passa troppo tempo sui social si “rincretinisce”!

Pensi che il problema sia solo la disinformazione “accidentale”?

La realtà è ancora più profonda e, per certi versi, tragicomica.

Non solo queste intelligenze artificiali sbagliano, ma rischiano di diventare progressivamente più stupide. Sì, hai letto bene.

Un altro studio, questa volta accademico, condotto da un team di ricercatori delle prestigiose università del Texas, ha portato alla luce un fenomeno ri-battezzato, devo dire in modo molto efficace, “marciume cerebrale” (brain rot) dell’IA.

Il concetto è spaventosamente simile a quello che accade a noi umani: se ci nutriamo solo di contenuti spazzatura, le nostre capacità cognitive ne risentono.

Praticamente è come con il junk-food.

Se per un anno intero mangio tutti i giorni panini del fast-food con mille salse, super conditi, cosa pensi che succeda al mio corpo?

LLMs Can Get "Brain Rot"!, Texas A&M University, University of Texas at Austin, Purdue University 2025
Fonte: LLMs Can Get “Brain Rot”!

I ricercatori hanno preso due noti modelli linguistici open source, Llama (di Meta) e Qwen (di Alibaba), e li hanno addestrati con un set di dati specifico: contenuti di bassa qualità presi dai social media.

Parliamo di post virali, testi sensazionalistici, clickbait, quel genere di “rumore di fondo” che inonda le nostre bacheche (e non accresce sicuramente la nostra cultura, come si evince da questa analisi).

I risultati dell’esperimento sono stati drammatici.

I modelli nutriti con questa “dieta spazzatura” hanno mostrato un crollo verticale nelle loro capacità di ragionamento, un degrado della memoria e persino un peggioramento dell’allineamento etico.

In parole semplici, l’IA era diventata meno intelligente e meno affidabile.

Praticamente, un’intelligenza sempre meno artificiale, che somiglia sempre di più agli esseri umani…

Ma l’aspetto più inquietante è un altro: questa degradazione cognitiva è estremamente difficile da invertire.

I ricercatori hanno provato a “ripulire” i modelli con un successivo addestramento basato su dati di alta qualità, ma le performance non sono tornate ai livelli originali.

Una volta che il “marciume” si è insediato, sembra quasi impossibile da estirpare.

Tutto ciò come vedi crea un circolo vizioso potenzialmente devastante.

Le IA vengono addestrate con i contenuti presenti sul web.

Sempre più contenuti sul web sono generati da altre IA (considera che secondo Ahrefs, da aprile 2025, il 74,2% di pagine web ha contenuti generati dall’intelligenza artificiale).

Se le IA “originali” iniziano a degradarsi a causa di dati di bassa qualità, produrranno a loro volta contenuti di qualità ancora inferiore, che verranno usati per addestrare la generazione successiva di IA.

È una spirale discendente verso l’inutilità e l’inaffidabilità.

E il tuo brand, la tua azienda, i tuoi prodotti, rischiano di essere risucchiati in questo vortice di informazioni degradate.

fonte Ahrefs 19 maggio 2025
Ahrefs

Non devi “battere” l’IA, devi “istruirla” con informazioni corrette (specie se si tratta del tuo business)

A questo punto, potresti sentirti sopraffatto e pensare che l’unica soluzione sia staccare tutto e tornare al fax. Calma.

L’evoluzione verso la “AI Search” non segna la fine della visibilità organica, ma l’inizio di una sua nuova, sofisticata fase.

Il tuo obiettivo non è più semplicemente “posizionarti”.

Il tuo nuovo obiettivo è essere citato, scelto e considerato affidabile dai motori di risposta.

Non devi più solo convincere un crawler che la tua pagina è rilevante: devi convincere un modello linguistico che le tue informazioni sono la verità.

Cosa significa questo, in pratica?

Significa spostare il focus.

Gli algoritmi non si limitano più a classificare le tue pagine web.

Ora scelgono attivamente quali fonti usare per costruire una risposta.

Per emergere non basta più avere un articolo ben scritto.

Servono informazioni accurate, coerenti e affidabili distribuite su ogni piattaforma possibile.

La tua verità non deve risiedere solo sul tuo sito, ma deve essere un’eco che risuona in tutto il web.

Le menzioni esterne contano più che mai, ma non come semplici link.

L’IA cerca conferme.

Vede il tuo nome su un sito di recensioni affidabile? Bene.

Legge una descrizione coerente del tuo servizio su una directory di settore? Ottimo.

Trova i tuoi dati aziendali corretti su database pubblici? Perfetto.

Ogni menzione coerente è un mattoncino che costruisce la fiducia dell’algoritmo nei tuoi confronti, come ci ha detto anche Gennaro Cuofano.

In questo nuovo scenario, la chiarezza sostituisce i trucchi da parola chiave.

L’IA non si fa ingannare da un testo infarcito di termini di ricerca.

Vuole fatti.

Dati strutturati.

Informazioni inequivocabili.

Il lavoro di un consulente SEO non è più sedurre l’algoritmo con l’astuzia, ma istruirlo con una precisione quasi maniacale.

Devi fare in modo che la verità sul tuo brand sia così lampante e onnipresente da diventare la scelta più logica, sicura e inevitabile per l’intelligenza artificiale.

SEO e AI Search, quindi, non sono discipline separate. Restano profondamente connesse, come sostiene anche Despina Gavoyannis di Ahrefs.

La prima, quella tradizionale, fa in modo che l’IA ti scopra.

La seconda, fa in modo che l’IA ti comprenda e, soprattutto, ti citi correttamente.

Nell’era delle risposte istantanee, la verità è la merce più preziosa.

E il tuo brand può, e deve, diventare la fonte di quella verità.

Inizia già da oggi a lavorare in questa direzione: rivolgiti alla mia agenzia SEO.


Come sopravvivere all’era dei “motori di risposta” (visto che sbagliano così tanto): domande frequenti

Perché i motori di risposta basati su intelligenza artificiale sbagliano così spesso?

Uno studio dell’European Broadcasting Union e della BBC ha mostrato che l’81% delle risposte fornite da ChatGPT, Copilot, Gemini e Perplexity presenta errori o imprecisioni, e nel 45% dei casi gli errori sono significativi. La principale criticità riguarda le fonti, spesso assenti, errate o fuorvianti, che compromettono l’affidabilità delle risposte.

Cosa si intende per “marciume cerebrale” dell’intelligenza artificiale?

Il “marciume cerebrale” è un fenomeno osservato da ricercatori del Texas, Texas A&M e Purdue University: quando i modelli linguistici vengono addestrati con contenuti di bassa qualità provenienti dai social media, subiscono un degrado cognitivo. Perdono capacità di ragionamento, memoria e allineamento etico, e questo deterioramento è difficile da invertire anche con dati di alta qualità successivi.

Come può un’azienda proteggere la propria visibilità nell’era della AI Search?

Le aziende devono puntare su informazioni accurate, coerenti e verificabili diffuse su più piattaforme. L’obiettivo non è più solo posizionarsi nei motori di ricerca, ma essere citati e riconosciuti come fonte affidabile dalle IA. Coerenza, chiarezza e dati strutturati diventano i nuovi fattori di autorevolezza.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

5 commenti su “L’Intelligenza Artificiale mente. E ora la tua azienda rischia di pagarne le conseguenze”

  1. La mia esperienza mi insegna che fidarsi ciecamente delle macchine è un lusso che pochi possono permettersi. Se l’IA sbaglia 4 volte su 5, la responsabilità ricade su chi la implementa senza un controllo umano rigoroso. La credibilità, quella sì, è un motore di business che non mente mai.

  2. Simone Ferretti

    Ma dai, stupirsi che l’IA sbagli è da ingenui. Se la basi su spazzatura digitale, ottieni spazzatura. La SEO è solo un mezzo, la sostanza conta. Ma quanto tempo ci metteranno a capirlo?

  3. Patrizia Bellucci

    Il “marciume cerebrale” digitale, in effetti, è un rischio.

    Il futuro appartiene a chi crea valore autentico, non a chi promette facili scorciatoie.

  4. Massimo Martino

    IA che mente? Un classico dei tempi moderni. La reputazione è un giardino, l’IA un bulldozer. Meglio un buon giardiniere umano, no?

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