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La nuova Privacy Policy di Google: di male in peggio

Big G aggiorna la politica sulla privacy specificando un particolare piuttosto inquietante. Ecco tutti i dettagli

È arrivato l’ennesimo aggiornamento della privacy policy di Google, come al solito imposto un po’ ‘a tradimento’, o comunque in sordina, senza fare rumore, come solito da parte dell’azienda di Mountain View.

E si tratta di un aggiornamento che, a ben vedere, inizia ad avere un sapore distopico. Un sapore che non mi piace per niente e che dovrebbe preoccuparci tutti quanti.

In questo articolo ti spiego per filo e per segno cosa è cambiato nella politica sulla privacy di Google e, analizzando le modifiche attuate da Big G, ti mostro cosa ci aspetta nel prossimo futuro e perché è arrivato il momento di affrontare il tema della gestione e dell’accesso alle informazioni sul web in modo etico, una volta per tutte.

Google raccoglie tutto: le implicazioni per i contenuti pubblicati online

Google ha ancora una volta modificato la propria politica sulla privacy. E le conseguenze si abbatteranno su tutto il web.

Vedi, l’azienda di Mountain View ha recentemente aggiornato la privacy policy spiegando a chiare lettere le proprie intenzioni: raccogliere praticamente tutto ciò che viene pubblicato online per sviluppare i suoi modelli di intelligenza artificiale.

A essere più precisi, non lo dice in modo così diretto, ma lo fa ben intendere a partire dalla modifica di una singola frase contenuta nella policy. Laddove era scritto che “we may collect information that’s publicly available online or from other public sources to help train Google’s language models and build features like Google Translate“, adesso si legge “we may collect information that’s publicly available online or from other public sources to help train Google’s AI models and build products and features like Google Translate, Bard, and Cloud AI capabilities”.

Google si riserva di raccogliere tutto ciò che viene pubblicato online per sviluppare i suoi modelli di intelligenza artificiale.

Il che solleva interrogativi legali ed etici che mai erano emersi con tanta forza in passato.

Per intenderci, quando pubblichiamo qualcosa online che è visibile e accessibile a tutti, sappiamo benissimo che, per l’appunto, tutti potranno accedervi. Che ciò che scriviamo sarà disponibile per milioni di utenti in tutto il mondo.

Ma qui si sta parlando di accettare l’idea che tutto ciò che pubblichiamo sul web possa finire nelle viscere di un chatbot o in qualche modello di intelligenza artificiale di Google senza il nostro consenso. E, soprattutto, l’idea che non sappiamo assolutamente in che modo saranno utilizzate queste informazioni dai bot che le raccolgono a tappeto.

Come vengono interpretati e utilizzati questi dati? Le loro interpretazioni possono essere influenzate da pregiudizi o dal contesto in cui vengono utilizzati?

Problemi legati all’aggiornamento della privacy di GoogleValutazione del rischio
Utilizzo dei dati senza consenso dell’utente per migliorare i modelli di AI di Google☠️ ☠️ ☠️ ☠️ 
Impossibilità per l’utente di controllare o limitare l’uso dei dati e dei contenuti☠️☠️☠️☠️
Mancanza di chiarezza e trasparenza su come si svolgerà la discussione pubblica promessa da Google per lo sviluppo di nuovi protocolli e linee guida etiche☠️☠️☠️
Mancanza di informazioni su come le informazioni verranno utilizzate dalle AI che le raccolgono☠️☠️☠️
Possibile influenza di pregiudizi nelle interpretazioni dei dati da parte delle AI☠️☠️

Insomma, c’è un grosso problema di responsabilità nella gestione e nell’utilizzo dei dati degli utenti. È un po’ come se le nostre parole non appartenessero più a noi, ma all’intelligenza artificiale di turno. E lo stesso articolo che sto scrivendo in questo momento potrebbe trovarsi, già poco dopo la sua pubblicazione, memorizzato nel database di qualche chatbot e pronto a essere ‘rigurgitato’ in maniera limitata e decontestualizzata in ogni momento.

Meme di Google quando pensa ai tuoi dati personali | Roberto Serra

Google e l’accesso ai contenuti web: una discussione a senso unico?

Questi, dunque, gli aggiornamenti in merito alla privacy policy di Google.

Una notizia che mi fa sorridere, perché chi come me è abbastanza ‘anziano’ da aver vissuto l’era d’oro di eMule, si ricorderà di quante controversie sono nate intorno all’uso di questo software per lo scambio di file P2P. Controversie sempre incentrate sulla circolazione di dati personali e di proprietà intellettuali altrui, una colpa della quale venivano regolarmente accusati tutti gli utilizzatori di eMule.

E, nel frattempo, Google ha sempre fatto le stesse identiche cose, raccogliendo informazioni a tappeto, facendo scraping selvaggio e via dicendo. Ma, se lo fa lui, naturalmente è tutto legale… Perfino ora, dopo questo inquietante aggiornamento.

Ma, forse, almeno stavolta Big G si è reso conto di aver fatto il passo più lungo della gamba, tanto è vero che, pochi giorni dopo, l’azienda ha annunciato la necessità di voler avviare una discussione pubblica sullo sviluppo di nuovi protocolli e linee guida per l’accesso e l’utilizzo dei contenuti web da parte dei sistemi di intelligenza artificiale.

Google ha riconosciuto che i protocolli tecnici attualmente esistenti, come il file robots.txt, non sono stati progettati tenendo conto delle moderne tecnologie AI in grado di analizzare i dati web su larga scala.

E, quindi, come si fa a intervenire, da questo punto di vista, sulla rivoluzione generata dallo sviluppo delle intelligenze artificiali?

Beh, come accennato Google invita i membri delle comunità web e AI, inclusi editori, accademici, gruppi della società civile e partner, a partecipare a una discussione pubblica per sviluppare nuovi protocolli e linee guida etiche. E lo fa in un post sullo stesso blog di Google, nel quale l’azienda mostra chiaramente di sperare che questa discussione collaborativa porti a una soluzione che tenga conto degli interessi dei business e dei creatori di contenuti.

Tutto molto bello, ma ci sono due enormi problemi:

  1. ammesso e non concesso che, grazie a una discussione ampia che tenga in conto l’interesse di tutti gli utenti del web, si arrivi a delineare una serie di protocolli e linee guida eticamente accettabili, che si fa nei confronti di tutti i miliardi di informazioni che sono state date in pasto alle AI fino ad oggi senza il consenso di chi le ha pubblicate? Quei dati, ormai, sono già stati inseriti nei database dei chatbot e il danno è bello e fatto;
  2. siamo certi che Google abbia la volontà di portare avanti in maniera seria questo dibattito? Perché, a casa mia, quando si discute entrambe le parti devono poter dire la loro. Ma sembra che le mie idee e quelle di Big G siano piuttosto diverse.

Ecco, questo ultimo punto lo vorrei spiegare un po’ più in dettaglio.

Vedi, il post di Google di cui sto parlando termina con un invito a seguire il dibattito in materia di AI iscrivendosi a una e-mail list con la promessa di ricevere messaggi riguardanti lo sviluppo di nuovi strumenti per offrire ai creatori di contenuti web un mezzo di controllo su questo processo.

Nessun modulo con il quale poter offrire un feedback e poter dire la propria opinione. Nulla di tutto questo. Solo, la possibilità di ricevere passivamente aggiornamenti da Google in merito alla questione.

Ecco, se è questo il modo di ‘dibattere’ scelto da Big G, penso proprio che stiamo iniziando molto, molto male.

Google dà valore al feedback degli utenti | Roberto Serra

Come affrontare il far west del web e combattere l’invasione delle AI

Dunque siamo sotto la minaccia dello scraping più selvaggio da parte delle AI di Google che, pensando anche allo sviluppo della funzionalità SGE, rischia di portare il far west sul web. Di rendere internet un universo di informazioni decostruite e riassemblate alla bell’è meglio per fornire agli utenti nel quale le ‘intelligenze’ artificiali avranno il controllo di questo flusso di dati.

E, di fronte a tutto questo, cosa ci rimane in mano dal punto di vista del content marketing? Come dovranno agire i creatori di contenuti web per non farsi travolgere da quest’onda?

Sono domande che, in qualità di consulente SEO, mi sento rivolgere dai clienti più aggiornati sull’universo Google.

E la mia risposta è: ci rimane la nostra visione nei confronti del futuro che possiamo difendere e promuovere migliorando la nostra autorità sul web in modo olistico, mirando a potenziare la visibilità su vari canali. Costruendo una reputazione solida attraverso la nostra competenza nel nostro settore di riferimento, sfruttando strategie SEO comprovate come la sempre verde link building.

Creando contenuti che parlano agli utenti e non alle AI. Che soddisfano i loro bisogni e non quelli dei bot.

Perché è ora di farla finita con i contenuti spazzatura, soprattutto ora che l’utilizzo incompetente delle AI generative sta spingendo tanti ingenui a pensare di poter delegare la scrittura a dei bot che non possiedono la qualità più importante di tutte: l’umanità.

In conclusione

L’ultimo aggiornamento della politica sulla privacy di Google ha sollevato importanti questioni legali ed etiche riguardo alla raccolta e all’utilizzo dei dati degli utenti e dei contenuti pubblicati sul web.

L’azienda ha esplicitamente dichiarato la sua intenzione di raccogliere praticamente tutto ciò che viene messo online per sviluppare i suoi modelli di intelligenza artificiale ma, allo stesso tempo, ha riconosciuto l’importanza di affrontare le problematiche nate in seguito all’iniziativa, annunciando l’intenzione di avviare una discussione pubblica sullo sviluppo di nuovi protocolli e linee guida etiche per l’accesso e l’utilizzo dei contenuti web da parte delle intelligenze artificiali. Tuttavia, rimangono dubbi sulla volontà reale di Google di coinvolgere tutte le parti interessate e di ascoltare le loro opinioni in modo significativo.

In questo contesto, i creatori di contenuti web devono difendere la propria visione del futuro e adottare strategie che pongano l’accento sulla qualità e sulla pertinenza per gli utenti, anziché concentrarsi esclusivamente sulle esigenze delle intelligenze artificiali.

È giunto il momento di porre fine alla proliferazione dei contenuti spazzatura e di ricordare che i bot, nonostante le loro capacità di generazione automatica, non possiedono l’umanità necessaria per creare contenuti di qualità. Spetta a noi esseri umani l’onore e l’onere di mantenere la nostra autenticità e mettere al centro delle nostre strategie la soddisfazione degli utenti, preservando così il valore del web come fonte di informazione e interazione umana.

🏆 Take Aways…

  • Google ha recentemente aggiornato la sua politica sulla privacy, dichiarando esplicitamente la sua intenzione di raccogliere praticamente tutto ciò che viene pubblicato online per sviluppare i suoi modelli di intelligenza artificiale.
  • Questo solleva importanti questioni legali ed etiche riguardo alla raccolta e all’utilizzo dei dati degli utenti e dei contenuti pubblicati sul web.
  • Non è chiaro in che modo Google utilizzerà queste informazioni e se le interpretazioni fatte dalle intelligenze artificiali potrebbero essere influenzate da pregiudizi o dal contesto in cui vengono utilizzate.
  • Google ha annunciato la volontà di avviare una discussione pubblica per sviluppare nuovi protocolli e linee guida etiche per l’accesso e l’utilizzo dei contenuti web da parte delle intelligenze artificiali.
  • È importante che i creatori di contenuti web difendano la propria visione del futuro, mettendo al centro la qualità e la pertinenza per gli utenti anziché concentrarsi solo sulle esigenze delle intelligenze artificiali. Dovrebbero evitare la produzione di contenuti spazzatura e concentrarsi sulla creazione di contenuti autentici che soddisfino i bisogni degli utenti.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

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