Un disservizio che ha mandato in tilt marketer e gestori di siti, già alle prese con i precedenti “glitch” e con la dipendenza da una piattaforma non sempre affidabile.
L'8 maggio 2025, gli utenti di Google Analytics 4 hanno riscontrato un nuovo grave disservizio con i dati in tempo reale, che apparivano drasticamente ridotti o assenti. Il problema, già verificatosi di recente, ha causato allarme tra i professionisti del marketing, sollevando dubbi sull'affidabilità dello strumento e la lentezza delle risposte di Google.
Ga4 in tempo reale? macché, altra “pausa caffè”!
Immagina la scena: è la mattina dell’8 maggio 2025, ti prepari un caffè, apri Google Analytics 4 per dare un’occhiata ai dati in tempo reale e… il gelo. Numeri bassissimi, quasi immobili. Ti sarai chiesto, come tanti altri quel giorno:
“È appena crollato il traffico o è un problema di Analytics?”
una frase che, come riportato su Search Engine Roundtable, ha riassunto perfettamente il panico serpeggiante tra marketer e gestori di siti. Qualcuno ha ironizzato dicendo che “GA4 si è preso una pausa caffè”, ma c’era poco da ridere.
Pare che il tilt sia iniziato intorno alle 3 del mattino, ora della costa Est americana, e in men che non si dica i social media e i forum di supporto si sono riempiti di lamentele. C’è chi, come un certo Peter Nikolow, ha visto i suoi visitatori in tempo reale crollare da una media di 70-80 a un misero sette. Capisci bene il subbuglio: team in allarme, pronti a smontare il sito pensando a un errore interno, quando invece il colpevole era, ancora una volta, altrove.
Ma la vera doccia fredda, per molti, non è stata tanto il disservizio in sé, quanto la sua fastidiosa familiarità…
Google ci ricasca: affidabilità di GA4 sotto tiro (di nuovo)
Esatto, perché a quanto pare non è la prima volta che GA4 fa le bizze con i dati in tempo reale. Solo qualche settimana prima, raccontano gli osservatori del settore, si era verificato un “glitch” molto simile, sollevando già allora più di un sopracciglio sull’affidabilità di uno strumento che, diciamocelo, dovrebbe essere una certezza.
E mentre gli utenti si sfogavano sui forum di assistenza di Google e su piattaforme come X (il vecchio Twitter), da Mountain View, almeno nelle prime ore, tutto taceva o quasi.
Nessuna comunicazione chiara, nessun fix immediato.
Una situazione che, francamente, lascia un po’ l’amaro in bocca quando pensi a quanto facciamo affidamento su questi colossi. Si parla tanto di infrastrutture capaci di gestire dati su scala globale, ma poi basta un “singhiozzo” per mandare in tilt il lavoro di migliaia di professionisti.
E mentre Google sembra prendersela comoda, chi paga il prezzo di questi “scherzetti” sei proprio tu, che su quei dati in tempo reale ci basi decisioni, campagne e strategie.
Ma quanto ti puoi fidare ancora di uno strumento che va e viene come la luna?
Quando i dati (non) arrivano: marketing in ostaggio e la caccia all’alternativa
Per chi lavora nel marketing, per gli editori, per chi gestisce un e-commerce, i dati in tempo reale non sono un vezzo, sono il pane quotidiano. Servono per monitorare il lancio di una campagna, per tracciare l’impatto di un evento, per scovare al volo problemi tecnici sul sito.
Quando questi dati spariscono o, peggio, sono inaffidabili, è come guidare nella nebbia più fitta.
C’è chi è stato costretto a rimandare decisioni critiche, chi ha perso ore a cercare guasti inesistenti sul proprio sito e chi, inevitabilmente, ha iniziato a guardarsi intorno, valutando se non sia il caso di esplorare strumenti analitici alternativi.
Perché, alla fine, la pazienza ha un limite.
Il problema, come evidenziato anche nei recap delle notizie del settore di Search Engine Roundtable, è che il lag si protraeva anche il giorno successivo, il 9 maggio, rendendo la situazione ancora più frustrante.
Quindi, se anche tu hai visto i tuoi numeri di GA4 fare le montagne russe o sparire nel nulla, sappi che non eri solo. Certo, la speranza è che Google intervenga rapidamente e, soprattutto, impari la lezione.
Ma la domanda che sorge spontanea è: fino a quando accetteremo di essere così dipendenti da piattaforme che, di tanto in tanto, sembrano dimenticarsi di quanto siano fondamentali per il nostro lavoro?
Chissà se la prossima volta ci sarà una risposta più pronta o se dovremo semplicemente rassegnarci a questi blackout informativi.
Staremo a vedere.