L’espansione delle AI Overviews solleva dubbi sull’impatto sul traffico web e sul futuro della SEO, con esperti che temono un vantaggio per Google a scapito dei creatori di contenuti
Google ha rapidamente esteso le sue AI Overviews in oltre 200 paesi e 40 lingue, coinvolgendo 1,5 miliardi di utenti. Nonostante l'azienda celebri l'aumento d'uso, esperti del settore e studi indipendenti segnalano un calo drastico del CTR per i risultati organici, sollevando dubbi sul futuro del traffico web per i creatori di contenuti e l'ecosistema online tradizionale, mentre Google punta sempre più sull'intelligenza artificiale integrata.
L’avanzata inarrestabile (o quasi) delle AI Overviews di Google: cosa bolle in pentola?
Google ha deciso di premere sull’acceleratore, e pure forte. Le sue AI Overviews, quelle risposte generate dall’intelligenza artificiale che spuntano in cima ai risultati di ricerca, sono ormai una realtà in oltre 200 paesi e territori, parlando la bellezza di più di 40 lingue.
Un’espansione che definire massiccia è dire poco, considerando che il lancio iniziale negli Stati Uniti risale solo a maggio 2024. E i numeri, beh, quelli fanno sempre impressione: pare che 1,5 miliardi di persone in tutto il mondo abbiano già interagito con questa funzionalità.
Ma dietro a questa corsa all’oro dell’AI, siamo sicuri che sia tutto oro quello che luccica per noi utenti e, soprattutto, per chi vive di web?
Questa diffusione capillare, che secondo gli addetti ai lavori come Barry Schwartz di Search Engine Land è un evento senza precedenti per la sua rapidità, non è solo una questione geografica.
Google ci racconta, attraverso il suo blog ufficiale, di aver potenziato il motore con i modelli Gemini 2.5, promettendo risposte più veloci e precise anche per quelle che chiamano “query complesse” – parliamo di codice, matematica avanzata e input multimodali.
E, guarda un po’, dicono pure che l’utilizzo della Ricerca è aumentato del 10% per le ricerche che attivano queste AI Overviews in mercati chiave come Stati Uniti e India. Addirittura, hanno tolto le restrizioni di età per i teenager e il requisito di login, così, per rendere tutto più “accessibile”.
Ma accessibile a chi e a quale scopo, viene da chiedersi.
Sarà davvero per il nostro bene o c’è dell’altro sotto?
“Miglioramenti” per chi? L’impatto reale su traffico e SEO secondo gli esperti (e non solo Google)
Mentre da Mountain View ci inondano di notizie su quanto siano soddisfatti gli utenti – e ci mancherebbe altro, con risposte pronte all’uso senza dover cliccare – iniziano a levarsi voci un tantino meno entusiaste dal mondo reale, quello di chi con il web ci lavora. E non sono voci da poco.
Il dato che fa più riflettere riguarda il crollo del click-through rate (CTR) per i risultati organici. Secondo uno studio di SE Ranking, ben il 72% delle ricerche mostra ormai queste AI Overviews in posizioni di assoluto rilievo, quasi a oscurare il resto.
In pratica, se l’utente trova la “pappa pronta” nel riassunto AI, che motivo ha di visitare il sito che quella pappa l’ha cucinata con fatica?
E la critica, nemmeno troppo velata, è che Google stia diventando sempre più bravo a tenersi gli utenti ben stretti nel suo ecosistema, piuttosto che fare quello per cui era nato: indirizzare il traffico verso le fonti originali.
Una bella gatta da pelare per chi punta sulla SEO per farsi trovare, non trovi?
E non è che la cosa sia nata ieri. Questa trasformazione, o rivoluzione come la chiamano alcuni, parte da lontano: già nel 2023 ci fu l’introduzione del prototipo Search Generative Experience (SGE), poi a marzo 2025 l’integrazione di Gemini 2.0 per le ricerche più tecniche.
Ora, con questa espansione globale, il quadro si fa più chiaro, o forse più preoccupante.
Gli esperti di Website Builder Expert, per esempio, non usano mezzi termini, parlando di SERP “affollate” che finiscono per svantaggiare soprattutto le piccole imprese, quelle che non hanno la forza d’urto dei grandi brand per emergere in questo nuovo scenario.
Se prima la sfida era scalare la classifica dei risultati, ora sembra che la partita si giochi addirittura per riuscire ad apparire sotto il cappello dell’AI di Google.
E se l’AI decide che il tuo contenuto non è degno di nota per il suo riassuntino, che fine fai?
Tra promesse di innovazione e dubbi sul futuro: Google gioca la sua partita (ma a spese di chi?)
La strategia di Google sembra ormai chiara: l’intelligenza artificiale è il futuro della ricerca, o almeno, il futuro che loro hanno deciso per noi.
E per rendere la pillola più dolce, o forse per far cassa, ecco spuntare anche un abbonamento “Ultra” da 250 dollari al mese, che include, tra le altre cose, 30TB di storage.
Una mossa che solleva ulteriori interrogativi:
La ricerca diventerà un servizio premium per chi vuole il “meglio”?
E chi non può permetterselo, si accontenterà delle briciole?
Mentre Google ci annuncia che sta già testando l’integrazione della ricerca video in tempo reale e funzionalità per l’acquisto automatico di biglietti – trasformando il motore di ricerca in un assistente tuttofare – la domanda sorge spontanea:
Questa continua evoluzione, questa fame di dati e di controllo, dove ci porterà?
Certo, da un lato ci sono promesse di un’esperienza utente sempre più fluida e integrata.
Dall’altro, però, c’è il rischio concreto che il web, così come lo conosciamo, perda la sua pluralità, con il traffico e la visibilità sempre più concentrati nelle mani di chi controlla l’algoritmo.
La ricerca di un equilibrio tra la comodità offerta dall’AI e la salute dell’ecosistema web, fatto di milioni di creatori di contenuti, diventa la vera sfida.
E mentre Google continua la sua corsa, forse è il caso di chiederci se siamo davvero pronti a barattare la nostra capacità di esplorare e scoprire con la comodità di una risposta preconfezionata.
Chissà cosa ci riserverà il prossimo “aggiornamento”…