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Contattaci ora →Mentre Google predica contenuti di qualità, i dati mostrano un calo drastico del traffico web causato dalle AI Overviews, sollevando dubbi sulla sostenibilità del modello “zero-click”.
Google, tramite la vicepresidente Liz Reid, afferma che le AI Overviews indirizzano gli utenti verso contenuti "ricchi e profondi". I dati, però, rivelano un calo del traffico web di quasi il 30% e una riduzione dei click sui link tradizionali. Google difende la qualità dei click, ma il fenomeno "zero-click" mette in discussione l'investimento degli editori in contenuti di alto valore.
Il crollo del traffico che nessuno può negare
Parliamoci chiaro: da quando le AI Overviews sono diventate una presenza fissa nei risultati di ricerca, il traffico verso i siti web sta subendo un colpo durissimo.
Non si tratta di sensazioni, ma di numeri.
Un’analisi di BrightEdge ha messo in luce un calo dei tassi di click di quasi il 30% da maggio 2024. Questo significa che, anche se il tuo sito compare, le persone semplicemente non ci arrivano più come prima.
E non finisce qui.
Il problema si fa ancora più serio se si guarda a come si comportano le persone. Secondo una ricerca del Pew Research Center, quando gli utenti vedono una sintesi generata dall’IA, la probabilità che clicchino su un link tradizionale si dimezza, passando dal 15% all’8%. In pratica, Google risponde alla domanda e l’utente chiude la pagina, senza sentire il bisogno di approfondire altrove.
Sei tu, con il tuo sito, a pagare il prezzo di questa efficienza.
La difesa di Google: meno click, ma “migliori”
Di fronte a questi dati, come si giustifica Google?
La loro linea difensiva, espressa in un post ufficiale, è che il volume totale di click è rimasto “relativamente stabile” e, soprattutto, che la “qualità media dei click è aumentata”.
Tradotto: forse ti arrivano meno persone, ma quelle che arrivano sono più interessate e pronte a convertire.
Un’affermazione che, per chiunque gestisca un’attività online, suona quantomeno audace.
È un po’ come se il proprietario di un negozio ti dicesse: “Oggi sono entrati solo tre clienti invece dei soliti cento, ma erano quelli giusti”.
Può essere vero in alcuni casi, ma è una scommessa pericolosa su cui basare il futuro del proprio business.
La verità è che questa dinamica sta alimentando un problema che esiste da anni, ma che ora rischia di diventare insostenibile, come ti ho scritto qui.
La trappola dello “zero-click” e la presunta via d’uscita
Il fenomeno si chiama “zero-click search“: l’utente trova la risposta direttamente su Google e non ha motivo di visitare nessun altro sito.
Le AI Overviews, come descritto da diverse analisi di settore, sono l’evoluzione estrema di questo concetto. Google prende i contenuti da più fonti, li rielabora e serve la pappa pronta all’utente. I link alle fonti originali ci sono, ma sono spesso annegati nella sintesi e divisi tra più siti, rendendo quasi impossibile per un singolo editore ottenere un click significativo.
E qui torniamo al punto di partenza, alla dichiarazione di Liz Reid. Google afferma che la soluzione per ottenere quei pochi, preziosi click è creare contenuti che dimostrino profondità, esperienza diretta e un punto di vista autentico. In sostanza, ti sta dicendo di produrre contenuti di altissimo valore, più umani che mai.
La domanda, però, sorge spontanea:
ha senso investire tempo e risorse per creare contenuti eccezionali, se poi è la stessa piattaforma a fare di tutto per tenerli nascosti dietro un muro di risposte generate artificialmente?
Promettono profondità, ma rubano i click. Sconvolgente.
La quadratura del cerchio, questa. Promettono profondità, ma il traffico si sgonfia come un palloncino bucato. Chi pagherà il conto di questa illusione?
La strategia di Google sembra una nave che naviga in acque agitate, promettendo tesori profondi ma affondando il traffico degli editori. Se i click si riducono, chi finanzierà la ricerca di quei contenuti preziosi?
Contenuti “profondi” e traffico sparito. Google, ma che fai? Non è sostenibile.
Una ricerca di qualità è vitale, ma temo che Google stia perdendo di vista il punto.
Google gioca a nascondino con la verità, proponendo “profondità” mentre il traffico si volatilizza come neve al sole. Una commedia degli equivoci, dove gli editori sono le comparse.
Contenuti “profondi”? Google sta scavando una buca, ma per chi?
Davvero, l’ambizione di Google di definire “profondi” contenuti che rischiano di diventare irrilevanti è un paradosso che merita un’analisi. Si naviga a vista.
Dicono “contenuti profondi”. Come se bastasse una parola magica. Il traffico sparisce, è un dato di fatto. Non è che ci voglia la sfera di cristallo per capirlo. Si va a naso, come dice Paola. Che futuro attende chi crea valore?
Che sbalordimento! 🤔 Google parla di contenuti “profondi”, ma il traffico crolla. Bisogna che ci pensino bene. Sarà una vera sfida per tutti noi!
Google promette oro, ma dà solo sabbia. Chi paga il conto? Publisher in ginocchio.
Ma certo, “contenuti profondi” è la nuova trovata per nascondere il disastro del traffico sparito. Google, campione nell’arte di promettere e poi far pagare il conto ai soliti noti. Chissà se anche le loro “AI Overviews” avranno un bel “profondo” buco in bilancio.
Liz Reid parla di “profondità”, ma i numeri mostrano un’emorragia di traffico. Curioso come certi discorsi sembrino voler nascondere il male, no?
Ma certo, questi “contenuti profondi” sono la scusa perfetta per affogare i publisher nel mare magnum del “zero-click”. Una mossa da manuale.
Un vero peccato per gli editori. Speriamo che Google trovi un modo per risolvere questa situazione.
Sì, la questione dei “contenuti profondi” suona un po’ come un modo per giustificare una perdita che non si riesce a controllare. Se i numeri parlano chiaro, e il traffico cala così tanto, la promessa di contenuti “ricchi” sembra un po’ un diversivo. Mi chiedo quale sia il vero interesse dietro questa mossa.