Google cloud lancia endpoint dedicati vertex AI: svolta o fumo?

Anita Innocenti

Tra promesse di affidabilità e personalizzazione spinta, l’innovazione di Google solleva interrogativi sui costi reali e sull’effettivo vantaggio competitivo per gli utenti.

Il 5 maggio 2025, Google Cloud ha presentato i Vertex AI Prediction Dedicated Endpoints, soluzioni che promettono maggiore affidabilità e performance per le implementazioni AI. L'iniziativa, lanciata in concomitanza con la dismissione di alcuni modelli Gemini, solleva interrogativi sui costi reali e sull'effettiva autonomia offerta agli utenti, analizzando se rappresenti un reale progresso o una mossa strategica per consolidare l'ecosistema.

Google Cloud e i nuovi endpoint dedicati Vertex AI: fumo negli occhi o vera svolta?

Allora, pare che Google abbia tirato fuori dal cilindro un’altra novità per chi, come te, lavora ogni giorno con l’Intelligenza Artificiale: si chiamano Vertex AI Prediction Dedicated Endpoints.

L’annuncio è fresco fresco, del 5 maggio 2025, e la promessa, come al solito, è quella di semplificarti la vita e rendere le implementazioni AI più solide e performanti.

Bello, vero?

Ma la domanda che sorge spontanea è: sarà davvero così, o è l’ennesima mossa per legarci ancora più stretti al loro ecosistema, facendoci passare per innovazione ciò che forse è solo un modo per far cassa?

Le promesse brillanti: affidabilità, personalizzazione e… costi nascosti?

Stando alle dichiarazioni ufficiali, questi endpoint dedicati dovrebbero portare un bel po’ di vantaggi. Parlano di un’affidabilità a prova di bomba, grazie a un’infrastruttura tutta tua, che si traduce in performance più stabili e latenza ridotta ai minimi termini.

Immagina, per le tue applicazioni AI critiche, quelle che non possono permettersi nemmeno un secondo di défaillance, potrebbe sembrare musica per le tue orecchie.

E non è finita qui: ti offrono opzioni di deployment talmente personalizzabili che potresti, in teoria, cucirti addosso la configurazione perfetta per ogni tipo di modello AI.

Ciliegina sulla torta?

Una gestione delle risorse che, sempre sulla carta, potrebbe farti risparmiare qualcosina se hai a che fare con volumi di predizione da capogiro.

Tutto molto bello, ma c’è un “ma” grande come una casa:

Quanto ti costerà questa “dedica” e questa “personalizzazione” sartoriale?

Perché, diciamocelo, quando un colosso come Google ti porge una mano così generosamente, è lecito chiedersi se con l’altra non stia già controllando quanto hai nel portafoglio. E la storia insegna che spesso è così.

Tempismo perfetto e “consigli” da prendere con le pinze

Questa novità non arriva a caso, te lo posso assicurare. Il tempismo è, come dire, sospetto.

Proprio ora che un sacco di sviluppatori e aziende stanno sudando sette camicie per migrare i loro modelli AI verso versioni più recenti – soprattutto con la tegola della dismissione di diversi modelli Gemini, alcuni già a partire dal 24 maggio 2025 e altri pezzi da novanta come Gemini 1.5 Pro e Flash che ci lasceranno a settembre 2025, come descritto da Firebase nel loro portale di supporto – ecco che Google ti lancia quello che sembra un salvagente nuovo di zecca.

Ma non è che questo salvagente ha un prezzo un po’ troppo salato e serve più a loro che a te?

E, come se non bastasse, ti elargiscono pure dei “consigli” su come sfruttare al meglio questi endpoint.

Ti dicono, ad esempio, di identificare le colonne “ad alto impatto” per ottimizzare le performance con l’indicizzazione a granularità di colonna e, come riportato su CloudSteak, di monitorare costantemente le prestazioni e di trovare un equilibrio tra i costi di indicizzazione e quelli di storage.

Tradotto dal gergo tecnico: “caro mio, arrangiati a capire come funzionano i tuoi dati, perché se sbagli qualcosa, non solo non avrai i benefici promessi, ma ti ritroverai pure a pagare di più”.

Insomma, la solita storia: la potenza è nulla senza controllo… e senza un portafoglio bello gonfio, aggiungerei io.

Ma questa è solo una mossa isolata di Google o c’è dietro una strategia più ampia che coinvolge tutto il settore?

Questa mossa, dicono i beninformati, si inserirebbe in una tendenza più ampia del settore, che vede una crescente domanda di infrastrutture AI sempre più specializzate e meno generaliste.

D’altronde, con la spesa globale per la cybersecurity che, secondo alcune stime, è destinata ad aumentare del 15% nel 2025, trainata in buona parte proprio dall’intelligenza artificiale e dai servizi cloud, come descritto da ComputerWeekly, è chiaro che i big player come Google non vogliano restare a guardare.

Propongono soluzioni “su misura”, ma il sospetto è che queste soluzioni finiscano per aumentare la dipendenza dalle loro piattaforme, piuttosto che liberare vero potenziale innovativo.

È vero, l’AI sta maturando e c’è bisogno di infrastrutture che possano garantire affidabilità e performance degne di applicazioni pronte per la produzione.

Ma la domanda che dovresti porti è: questi nuovi “dedicated endpoints” sono davvero pensati per darti più strumenti e controllo, o sono l’ennesimo ingranaggio di un meccanismo volto a consolidare il dominio dei soliti noti, facendoti pagare a caro prezzo promesse di efficienza che forse non si tradurranno mai in un reale vantaggio competitivo per te?

Staremo a vedere se questa sarà una vera rivoluzione o solo un’altra brillante operazione di marketing.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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