Tra assistenti ficcanaso e proattività invadente, l’ultima versione dell’AI di Google promette di semplificarci la vita, ma solleva interrogativi inquietanti sulla protezione dei nostri dati personali
Al Google I/O 2025, Gemini si aggiorna diventando più personale e proattivo, integrandosi con i dati utente da Gmail e Drive. Vengono introdotte Personalized Smart Replies e Gemini Live API. Migliora la potenza con 'Deep Think'. Tuttavia, queste novità sollevano forti dubbi sulla privacy e l'uso dei dati personali, chiedendosi il prezzo di un assistente così intimo.
Gemini si rifà il trucco: Google ci promette un’AI più “personale”, ma a che prezzo?
Google, durante il suo evento I/O 2025, ha messo sul piatto una serie di aggiornamenti per Gemini, la sua intelligenza artificiale, che, a detta loro, dovrebbe diventare il nostro assistente definitivo: più personale, proattivo e potente. L’idea è quella di avere un compagno digitale che ci capisca al volo, quasi anticipando i nostri bisogni.
Bello, vero?
Per esempio, ora Gemini dovrebbe pescare informazioni direttamente da Gmail, Drive e Calendar per darci risposte su misura. Hanno anche svelato le “Personalized Smart Replies” per Gmail, che promettono di scrivere email al posto nostro, imitando il nostro stile. I primi test indicherebbero una riduzione del 40% del tempo che passiamo a correggere bozze. Un risparmio di tempo notevole, non c’è che dire.
Ma ti sei chiesto cosa significhi veramente “personale” quando si tratta di una macchina che fruga nelle tue email e nei tuoi documenti?
La linea tra un assistente utile e un ficcanaso digitale diventa sottilissima, non trovi?
E non è finita qui, perché Google vuole che Gemini diventi anche “proattivo”, quasi a leggerci nel pensiero.
Un maggiordomo digitale che anticipa (troppo?) le tue mosse
Parliamo della nuova Gemini Live API: ora, come descritto sul Google Developers Blog, potremo interagire con l’AI a voce, in tempo reale, e in ben 24 lingue, con tanto di filtro per i rumori di fondo.
Immagina di essere in un bar affollato e poter comunque dettare un messaggio complesso.
Poi c’è l'”Ambient Compute”, una funzionalità che, sulla carta, dovrebbe far sì che Gemini anticipi le nostre necessità basandosi su quello che captano i sensori dei nostri dispositivi.
Un esempio? Entri in una sala riunioni e Gemini, capendo dove sei grazie alla geolocalizzazione, ti prepara automaticamente un riassunto degli appunti della riunione precedente.
Comodo, per carità.
Ma quanto siamo disposti a farci “ascoltare” e “osservare” costantemente, anche quando pensiamo di non essere in interazione diretta con la tecnologia?
La domanda sorge spontanea: questa proattività è al servizio nostro o serve a raccogliere ancora più dati sul nostro comportamento?
Ma le novità non si fermano alla superficie: Google ha voluto anche pompare i muscoli del suo cervellone digitale.
Più potente, più intelligente… e i nostri dati che fine fanno?
Con Gemini 2.5 Pro arriva la modalità “Deep Think”, una combinazione di ragionamento “chain-of-thought” e “Monte Carlo Tree Search” che, secondo un video di YouTube che ne parlava durante l’evento, permetterebbe di risolvere problemi complessi con una velocità e un’accuratezza impressionanti. Pensate che, in simulazioni cliniche, avrebbe migliorato la precisione diagnostica del 35%. Roba da far girare la testa, se fosse confermata su larga scala.
C’è anche il “Model Context Protocol” (MCP) che dovrebbe facilitare l’integrazione con strumenti AI open-source, un passo che potrebbe sembrare un’apertura, ma che in realtà potrebbe anche servire a Google per assorbire più facilmente innovazioni esterne.
Di fronte a tante meraviglie, la domanda sulla privacy sorge spontanea, quasi un riflesso condizionato. E Google, ovviamente, ha la risposta pronta: un nuovo sistema chiamato “Context Firewall”, che promette di isolare le informazioni sensibili.
Sarà sufficiente a tranquillizzarci?
Permettimi di dubitarne.
E come se non bastasse, in un annuncio quasi surreale, hanno tirato fuori dal cilindro DolphinGemma, un modello AI addestrato sulle vocalizzazioni dei delfini per aiutare i biologi marini. Affascinante, non c’è che dire.
Ma mentre ci distraggono con i delfini che parlano, forse dovremmo chiederci più insistentemente chi sta ascoltando noi.