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Contattaci ora →La nuova tecnologia di Google promette di proteggere i dati personali degli utenti, ma solleva interrogativi sull’accentramento del controllo e sull’effettiva adozione di questo sistema
Google ha reso open source la sua tecnologia Zero-Knowledge Proofs (ZKP) per verificare l'età online. Permette ai siti di confermare l'età (es. maggiore di 18 anni) senza svelare dati sensibili come data di nascita o nome. Presentata come passo privacy, è vista anche come risposta a norme e contrasto all'approccio di Meta.
La magia della ‘prova a conoscenza zero’: come funziona davvero?
Prima di addentrarci nelle strategie di mercato, cerchiamo di capire come funziona questo sistema. In pratica, quando un sito ti chiede di confermare la tua età, il tuo dispositivo (ad esempio, tramite Google Wallet) usa una credenziale fidata, come una carta d’identità digitale, per verificare internamente la tua età.
A questo punto, invece di inviare i tuoi dati anagrafici, genera una sorta di “certificato” crittografico, una “prova” appunto, che si limita a confermare una singola informazione: “Sì, questa persona ha più di X anni”.
Fine della storia.
Nessun dato personale viene condiviso con il sito richiedente.
Come descritto sul blog ufficiale di Google, questa tecnologia non è solo un prototipo, ma è già in fase di test con partner come l’app di incontri Bumble. L’idea è di offrire agli sviluppatori uno strumento pronto all’uso, da integrare direttamente nelle loro piattaforme.
Un passo avanti notevole per la privacy, non c’è che dire.
Ma rendere il codice accessibile a tutti, basta a trasformarlo in uno standard del settore?
O c’è dell’altro sotto?
Dietro le quinte: pressioni normative e la ‘guerra fredda’ con Meta
Diciamocelo, Google non fa queste mosse per pura filantropia. Da tempo, i giganti della tecnologia sono sotto la lente d’ingrandimento dei regolatori di tutto il mondo, specialmente in Europa con il Digital Services Act, che impone controlli più severi sull’accesso dei minori a determinati contenuti.
La spinta normativa per una “age assurance” efficace è fortissima, e le aziende devono trovare una soluzione prima che gli venga imposta dall’alto. La mossa di Google, letta tra le righe, è anche una risposta diretta a proposte concorrenti, come quella di Meta.
Google ha criticato apertamente l’approccio del gruppo di Zuckerberg, che vorrebbe demandare agli app store (come il Play Store di Google) il compito di condividere l’età degli utenti con tutti gli sviluppatori di app. Una soluzione che, secondo Big G, creerebbe un enorme problema di privacy, mettendo a disposizione dati sensibili su larga scala.
Rilasciando la propria tecnologia open source, Google non solo si posiziona come il paladino della privacy, ma mette anche un paletto alla strategia del suo principale rivale.
Una mossa da manuale, non trovi?
Eppure, il dubbio rimane.
Questa tecnologia, per quanto brillante, dipende ancora da un documento d’identità digitale verificato da un’autorità centrale.
Stiamo davvero andando verso un futuro più decentralizzato e privato, o stiamo solo spostando la fiducia da un intermediario all’altro?
Un futuro senza carta d’identità online? non è così semplice
L’ambizione di Google è chiara: stabilire uno standard di settore per la verifica dell’età che sia rispettoso della privacy. Il fatto che il codice sia disponibile su GitHub, è un invito agli sviluppatori di tutto il mondo a contribuire e adottare questa soluzione.
Le potenziali applicazioni, poi, vanno ben oltre la semplice verifica dell’età. Si potrebbe usare lo stesso principio per dimostrare di essere residenti in un certo paese senza rivelare l’indirizzo, o di avere i requisiti per un prestito senza mostrare il proprio estratto conto.
Il punto debole, però, è l’adozione.
Quanti servizi decideranno di implementare questa tecnologia?
E, soprattutto, quanti utenti avranno a disposizione una carta d’identità digitale compatibile, riconosciuta e inserita nel proprio Google Wallet?
Il rischio è che una soluzione così elegante rimanga confinata a una nicchia, mentre la maggior parte degli utenti continuerà a caricare foto del passaporto su siti poco sicuri.
Alla fine, la mossa di Google solleva una domanda fondamentale: stiamo assistendo a un reale progresso nella protezione dei nostri dati, o è solo l’ultimo capitolo di una partita a scacchi tra colossi tecnologici che si contendono il controllo del nostro futuro digitale?
Staremo a vedere chi farà la prossima mossa.
Google, un occhio sul mondo, ora anche sulla tua età. Curioso.
Questa roba di Google è una fregatura. Pensano di farti un favore, ma solo per raccogliere più dati. Non mi fido.
Privacy? O ennesima mossa da prestigiatore? Il diavolo, si sa, è nei dettagli. Vedremo se questo trucco reggerà.