“Essere riconosciuti, ricordati e ricercati online fa la differenza quando il traffico comincia a calare”, ci ha detto Cyrus
Per chi lavora nel digitale, è impossibile ignorarlo: la SEO sta vivendo una trasformazione profonda.
Le AI Overviews stanno modificando il modo in cui gli utenti trovano risposte su Google, e i primi effetti si vedono già nei grafici del traffico. Meno click, meno visibilità, meno spazio per i contenuti editoriali. Intanto, milioni di pagine generate automaticamente intasano le SERP, rendendo ancora più difficile emergere.
La domanda è semplice e urgente: come farsi trovare in un web dove i contenuti si moltiplicano, ma l’attenzione resta la stessa?
È da qui che nasce SEO Confidential: una rubrica pensata per imprenditori, marketer e professionisti che non si accontentano delle solite analisi generiche. Ogni puntata dialoghiamo con una voce autorevole del settore per capire cosa sta succedendo davvero, con consigli pratici e visione strategica.
Il protagonista di oggi è Cyrus Shepard, volto storico della SEO internazionale, già alla guida della strategia di Moz e fondatore di Zyppy SEO. Ma soprattutto, è uno dei pochi che riesce a trasformare trend, dati e aggiornamenti in soluzioni operative, subito applicabili. Autore, speaker, analista, Cyrus è una delle voci più ascoltate da chi lavora ogni giorno con la SEO.
Chi meglio di lui può aiutarci a leggere i segnali del motore di ricerca più influente del mondo? E soprattutto, a capire dove stiamo andando?
E allora bando agli indugi, ecco cosa ci ha detto Cyrus.

“Usare l’intelligenza artificiale va benissimo, ma serve partire da qualcosa che l’IA da sola non può offrire”
I contenuti generati dall’intelligenza artificiale non sembrano rappresentare un problema per il posizionamento su Google. Tuttavia, ho letto che tu inviti spesso alla cautela. Cosa ti fa pensare che la direzione di Google potrebbe cambiare presto, anche se oggi i segnali non sono così evidenti?
Google, a inizio anno, ha aggiornato le Linee guida per i valutatori di qualità, dando istruzioni precise su come riconoscere e penalizzare i contenuti generati in modo automatico o con l’IA. Il problema non è l’intelligenza artificiale in sé, ma quando viene usata in modo massiccio e senza controllo umano. Non serve molto a intuire dove si sta andando: Google sembra sempre più intenzionato a colpire i contenuti prodotti in serie, senza valore aggiunto o reale supervisione.
Google ribadisce la sua volontà di premiare “la qualità e l’autenticità”. Ma l’efficienza dell’intelligenza artificiale è una forte tentazione. Che consigli pratici daresti oggi a chi crea contenuti per usarla in modo intelligente, senza rischiare di finire tra quelli che Google considera “abuso su larga scala”?
Lo dico sempre ai miei clienti: usare l’intelligenza artificiale va benissimo, ma serve partire da qualcosa che l’IA da sola non può offrire. Mi riferisco a contenuti davvero originali, come i dati della tua azienda, un webinar, un’intervista, un video, immagini proprietarie. Tutto ciò che nasce da esperienze reali. È lo stesso principio che vale anche per i contenuti scritti senza AI: se non c’è una proposta di valore unica (UVP), è difficile emergere.
Gli aggiornamenti di Google in merito non sono immediati, come sappiamo. Cosa significa questo per chi attualmente ha successo con i contenuti IA? Stanno costruendo un castello di carte, un successo basato su regole che stanno per cambiare?
È una domanda molto interessante! La mia risposta di base è questa: il costo di produzione di contenuti “buoni” si sta avvicinando allo zero per le aziende di IA, compresa Google. Se Google è in grado di generare una risposta IA in pochi secondi, perché dovrebbe indirizzare gli utenti al vostro sito web per gli stessi contenuti a costo zero? A lungo termine, non lo farà.
L’unico vero margine sta nei contenuti legati ad asset proprietari: dati, esperienze, media originali, persone vere. Se riesci a costruire su questo, il tuo lavoro può continuare ad avere valore nel tempo.
Dato che Google è in grado di generare contenuti IA, che incentivo avrebbe a premiare i contenuti artificiali di altri? Non è più probabile che decida di valorizzare l’unica cosa che non può facilmente replicare, ovvero l’autenticità e l’esperienza umana?
Ah! Stiamo pensando la stessa cosa, allora! È interessante notare che i miei clienti dell’e-commerce non stanno registrando un calo del traffico come altri editori. Nonostante Google accumuli traffico, la verità è che le persone vogliono ancora visitare i siti web, vogliono ancora acquistare prodotti, leggere le notizie, partecipare a comunità, guardare video, ecc. Google può cercare di mantenere tutto il traffico che vuole, ma per molte cose continuerà a fungere da canale di trasmissione.
È così facile manipolare le risposte degli LLM come ChatGPT? Cosa ci dice questo sulla futura “guerra” per l’affidabilità delle informazioni online? Google ha un vantaggio in questo settore? Gli LLM stanno già iniziando a contrastare queste manipolazioni?
Le prime sperimentazioni nel settore SEO/AI mostrano che i modelli linguistici sono ancora abbastanza facili da manipolare, anche con sforzi minimi. Google, rispetto a ChatGPT e ad altri, sembra più resistente, probabilmente perché ha alle spalle oltre 20 anni di esperienza nel combattere lo spam.
Ma è proprio lo spam il nemico numero uno per qualsiasi motore di ricerca o sistema di generazione di contenuti, quindi è inevitabile che anche le altre aziende si attrezzino. Col tempo, quindi, sarà sempre più difficile influenzare in modo forzato le risposte dell’intelligenza artificiale.
Tu sostieni che, paradossalmente, la facilità con cui è possibile manipolare i nuovi sistemi di IA spingerà Google a dare ancora più peso ai suoi “segnali di affidabilità tradizionali”. Potresti approfondire questo punto? In che modo gli elementi classici della SEO, come la reputazione di un sito e la qualità dei suoi link, diventano rilevanti per distinguere la realtà dalla finzione nell’era delle risposte generate artificialmente?
Nella SEO classica vale ancora una regola d’oro: conta molto più quello che gli altri dicono di te rispetto a quello che dici tu. E questo principio sembra valido anche nelle nuove AI Overviews di Google. Google è molto bravo a misurare il “consenso” attorno a un’informazione, e pare che questo sia già un elemento chiave nelle risposte generate dall’intelligenza artificiale.
Ho letto che esiste addirittura un brevetto che lega il PageRank alla selezione delle fonti affidabili per le risposte IA. Per questo credo che tutti i segnali classici di affidabilità — reputazione, link di qualità, citazioni — diventeranno ancora più importanti. Serviranno a filtrare lo spam generato in massa e a garantire che le risposte restino ancorate alla realtà.
Se il costo della creazione di contenuti è ormai quasi nullo, stiamo entrando in un circolo vizioso in cui le macchine imparano informazioni errate da altre macchine? Che impatto avrà questo sulla nostra percezione della realtà online?
Sì, tutto diventa spazzatura. Non sono certo un esperto in materia, ma gli avvertimenti dei ricercatori su ciò che l’IA fa al nostro cervello e la conseguente mancanza di fiducia online non sembrano promettenti.
Cyrus, sono d’accordo con te quando dici che “la fiducia vale oro”, soprattutto in un web ormai sommerso da contenuti-spazzatura. Secondo te, saranno i grandi marchi, i nomi autorevoli o nuovi indicatori a permettere a Google – e a noi utenti – di riconoscere le informazioni davvero affidabili in un marasma di contenuti falsi e a basso costo?
Google punta sui segnali “di marca” da oltre 20 anni e ogni anno vediamo che questa tendenza si rafforza. L’aggiornamento dei contenuti utili ha dato ancora più peso alla forza del brand, e credo che questa direzione sarà ancora più marcata con l’avvento dell’intelligenza artificiale.
Avere un marchio cercato, riconoscibile, affidabile è la difesa numero uno contro il calo di traffico. Non è una garanzia assoluta, ma è senz’altro uno dei pochi elementi che oggi fanno davvero la differenza.
In un settore ossessionato dai funnel e dalle conversioni, dove spesso si sente dire che “i click non contano, contano le vendite”, tu fai un appello quasi nostalgico in difesa del click.
Con la riduzione del traffico verso siti esterni da parte di Google, qual è secondo te il rischio maggiore che corriamo nel perdere questo “motore” che, come dici tu, ha finanziato per anni la libera circolazione di idee e informazioni?
Sono in totale disaccordo con chi dice che “i click non contano”. Ho visto troppi editori licenziare scrittori, ridimensionare le attività e persino chiudere perché sono i click a pagare le bollette. Le prospettive per le testate giornalistiche indipendenti, già in difficoltà, sono spaventose.
Il consolidamento dei click su un numero sempre più ristretto di siti come Google conferisce a questi ultimi un potere spaventoso. A controbilanciare questo fenomeno, molte aziende di intelligenza artificiale stanno lanciando i propri browser web e il governo statunitense potrebbe costringere Google a vendere Chrome. Si spera che questa maggiore concorrenza possa contribuire a distribuire il traffico in modo un po’ più libero sul web.
Su LinkedIn hai scritto: “Non tutto sul web deve finire con una vendita”. Sembra un potente manifesto contro una visione puramente transazionale di Internet.
Ma ecco il paradosso: come può questo web “magico” e non commerciale essere sostenuto economicamente se i click che, nonostante tutti i loro difetti, hanno garantito la sua sopravvivenza fino ad oggi, non ci sono più?
In poche parole, non può. Stiamo entrando in un’epoca in cui i “fatti” diventano una merce, qualcosa che si compra e si vende. A contare davvero sono i dati proprietari, i prodotti, il brand e le persone che ci mettono la faccia. È marketing senza bisogno di contenuti scritti nel senso tradizionale.
E ti dirò la verità: nonostante tutto quello che affermo, nemmeno io so davvero cosa ci riserva il futuro. Ogni giorno mi alzo, lavoro con i miei clienti e mi faccio sempre la stessa domanda: “Come facciamo oggi a far passare il messaggio?” E ogni giorno la risposta cambia.
La SEO che resiste: sii la fonte, non il risultato!
Cyrus Shepard è stato chiaro: non basta più puntare ai primi posti. La vera partita si gioca nel diventare la fonte, non il contorno. In un ecosistema dominato dalle AI Overviews, non si vince conquistando una posizione, ma guadagnandosi la fiducia dell’intelligenza artificiale.
Servono costanza e sostanza.
Servono contenuti che raccontino qualcosa che nessun altro può dire: esperienze vissute, dati proprietari, opinioni fondate, analisi originali che siano davvero tue.
Quella volta che hai trovato un problema e l’hai risolto.
Quella strategia che hai testato sul campo.
Quella volta in cui ha funzionato.
Quella volta che invece non ha funzionato (e come hai fatto per renderla efficace).
Quel dato che hai raccolto nel tempo, lavorando sul tuo prodotto, sul tuo cliente, sul tuo mercato.
È questo che l’IA non può generare artificialmente (senza il tuo input e le tue indicazioni frutto dell’esperienza sul campo).
E, soprattutto, serve un brand che sia riconoscibile, ricercato, citato.
Il futuro della SEO è una questione di autorevolezza. Google non cerca più solo pagine da ordinare, cerca punti fermi. E quelli li costruisce chi ha una voce propria, chi lavora sulla reputazione e riesce a farsi scegliere non perché ottimizzato, ma perché credibile.
Un grazie sentito a Cyrus Shepard per aver condiviso riflessioni così lucide e pragmatiche. In un momento in cui tutto sembra fluido, incerto e in costante movimento, avere una direzione è già una forma di vantaggio competitivo.
L’appuntamento è alla prossima puntata di SEO Confidential, per continuare a esplorare ciò che conta davvero nel mondo della ricerca online. Resta sintonizzato.
#avantitutta
La vera sfida è catturare attenzione con contenuti che brillano ✨. Ottima intervista per capire come fare! 🚀
I click contano. Dati chiari. 🚀 Dobbiamo adattarci.
La scena si fa più aspra. Meno click significa che dobbiamo creare spettacoli più brillanti, capaci di attirare gli sguardi in questo teatro digitale affollato.
Un promemoria gentile. ✨ Cercare unicità fa la differenza. 🌟
I click sono il sale della terra. 🧂 Bisogna solo cavalcare l’onda.
Il palcoscenico digitale muta. I clic, reliquie di un’era, ancora guidano la scena. Servono attori con copioni di ferro.
La moltiplicazione dei contenuti automatici sulle SERP, a fronte di un’attenzione statica, dipinge un quadro quanto mai desolante. L’imperativo resta dunque quello di una perizia tecnica che non si limiti all’ovvio, ma che sappia districarsi nel labirinto digitale con arguzia.