Dalla fantascienza alla realtà? Google e ISTA promettono di rendere la mappatura del cervello più accessibile grazie all’IA e a tecniche innovative di espansione dei tessuti.
Google research e ISTA hanno presentato LICONN, una tecnica per rendere la mappatura delle connessioni neurali più accessibile. Utilizzando microscopi ottici avanzati e intelligenza artificiale, il metodo promette di democratizzare la connettomica, superando la necessità di costosi microscopi elettronici. L'integrazione di dati strutturali e molecolari apre nuove prospettive nella comprensione del cervello e delle malattie neurologiche.
La mappatura del cervello diventa “popolare”? Google e ISTA lanciano LICONN
Google Research, quel colosso che di solito associamo a motori di ricerca e smartphone, insieme all’Istituto di Scienza e Tecnologia Austriaco (ISTA), ha appena annunciato una novità che potrebbe, e dico potrebbe, cambiare le carte in tavola nello studio del cervello. Hanno tirato fuori dal cilindro una tecnica chiamata LICONN, e la promessa è di quelle grosse: rendere la mappatura delle connessioni neurali, la cosiddetta connettomica, molto più accessibile.
Immagina un po’, fino a ieri per sbirciare nelle intricate autostrade del nostro cervello servivano microscopi elettronici, bestioni costosissimi e rari come un politico onesto. Ora, come riportato sul blog di Google, si parla di usare normali microscopi ottici, quelli che magari hai visto in qualche laboratorio universitario.
Una democratizzazione della scienza, dicono loro.
Sarà vero o è la solita trovata da Silicon Valley per far parlare di sé?
Ma come diavolo funziona questa LICONN, ti starai chiedendo?
Beh, non è proprio magia, anche se un po’ ci assomiglia.
Da una parte, come descritto nel dettaglio dall’ISTA nel loro comunicato, c’è un trucco per “gonfiare” i campioni di tessuto cerebrale, un po’ come fare lievitare il pane, ma preservando tutte le strutture cellulari. Questo permette ai microscopi ottici, meno potenti di quelli elettronici, di vedere i dettagli fini.
Dall’altra parte, entra in gioco la solita, immancabile Intelligenza Artificiale di Google, addestrata per analizzare le immagini e ricostruire neuroni e sinapsi con una precisione che, a detta loro, è da “nanoscala”. Julia Lyudchik, una ricercatrice dell’ISTA coinvolta nel progetto, ha sottolineato che processare la mole di dati generata anche da un piccolo campione è stata una sfida enorme, perché “anche un piccolo frammento di tessuto contiene decine di migliaia di sinapsi”, secondo quanto pubblicato su Neuroscience News.
E Viren Jain di Google rincara la dose, affermando che l’IA ha trasformato un compito “impraticabile” in qualcosa di fattibile.
Insomma, un bel mix di chimica furba e algoritmi pompati.
Ma basterà a svelare i segreti della mente, o è solo un modo più economico per produrre montagne di dati che poi chissà chi interpreterà?
Belle promesse, ma la strada è lunga (e piena di petabyte)
Questa non è la prima volta che Google si lancia nell’impresa di mappare il cervello, sia chiaro.
Hanno alle spalle un decennio di lavoro in connettomica, incluso un progetto finanziato dal NIH nel 2023 per mappare l’ippocampo di un topo, come annunciato sul loro blog di ricerca.
Quel singolo progetto, per darti un’idea, ha generato la bellezza di 25 petabyte di dati.
Sì, hai letto bene, petabyte!
La vera novità di LICONN, dicono, è che non si limita a guardare la forma delle cellule, ma integra anche dati molecolari, creando mappe “multimodali” che collegano la struttura alla funzione. Johann Danzl dell’ISTA parla di “visualizzare molecole come le proteine sinaptiche”, un passo avanti per capire come la chimica del cervello influenzi i circuiti.
La comunità scientifica sembra incuriosita: il metodo, rilasciato come preprint a marzo 2024, sarebbe già stato replicato da altri laboratori indipendenti. Persino Sebastian Seung di Princeton, uno che di mappe cerebrali se ne intende avendo recentemente mappato i centri visivi del topo, l’ha definito “un salto verso la decodifica del cervello”.
Tutto molto bello, ma andiamoci piano con l’entusiasmo.
La sfida di passare da piccoli campioni a interi cervelli, soprattutto quello umano, resta titanica.
E poi, c’è sempre il solito ritornello delle grandi aziende tecnologiche che promettono di risolvere malattie complesse come l’Alzheimer.
LICONN potrebbe certamente accelerare la ricerca, rendendola meno costosa, ma da qui a dire che abbiamo la soluzione in tasca ce ne corre.
Tra l’altro, il team punta ad applicare LICONN a tessuto umano e a raffinare i modelli di IA con benchmark come ZAPBench, che correla la struttura e l’attività del cervello del pesce zebra, come menzionato nel blog generale di Google sulle scoperte scientifiche. L’obiettivo, conclude Danzl, è capire “come le identità molecolari delle cellule plasmino la cognizione e la malattia”. Un traguardo nobile, senza dubbio.
Resta da vedere se questa democratizzazione degli strumenti porterà a una vera democratizzazione della conoscenza, o se finirà per alimentare ulteriormente il data-centrismo di chi già detiene il potere tecnologico.
Tu che ne pensi?