OpenAI lancia lo shopping su ChatGPT e sfida Google nel suo regno
📌 TAKE AWAYS
- L’integrazione dello shopping in ChatGPT segna un cambio di paradigma: non si navigano più link impersonali, ma si riceve una selezione mirata e ragionata di prodotti basata sulle preferenze individuali, con immagini, recensioni e sintesi prese da fonti autorevoli e comunità online.
- ChatGPT seleziona in modo (per ora) indipendente i brand da suggerire. Questo impone una riflessione profonda per chi fa business: per essere citati dall’ IA, serve una presenza digitale forte, coerente e autorevole.
- L’espansione di ChatGPT nello shopping arriva mentre Google affronta una storica causa antitrust che potrebbe costringerla a cedere asset chiave come Chrome. OpenAI ha già espresso interesse per l’acquisizione del browser e mira a ricavi da capogiro entro il 2029.
OpenAI integra lo shopping in ChatGPT, offrendo consigli personalizzati senza pubblicità (per ora).
Una mossa strategica che sfida Google in piena crisi antitrust.
Dimentica per un attimo le infinite pagine di risultati di Google, le schede del browser che si moltiplicano come conigli e le recensioni sponsorizzate che ti fanno dubitare persino del tuo nome.
Immagina invece uno scenario del genere. Apri ChatGPT e inizi una conversazione.
“Sto cercando un paio di sneakers comode per camminare in città, budget intorno ai 150 euro, possibilmente in pelle bianca e che stiano bene con i jeans. Cosa mi consigli?”.
Qui accade la magia dell’LLM.
ChatGPT non ti vomita addosso una lista impersonale di link sponsorizzati. No, ti risponde.
Ti propone magari due o tre modelli specifici, corredati da immagini nitide, prezzi aggiornati e, soprattutto, un distillato intelligente delle opinioni che contano: non solo le recensioni dei grandi portali di e-commerce, ma anche le discussioni estratte da forum come Reddit o le analisi di testate specializzate.
Adam Fry, che in OpenAI guida il team di prodotto per la ricerca su ChatGPT, lo ha spiegato chiaramente a The Verge: l’obiettivo non è rispondere a parole chiave, ma comprendere le sfumature.
Il nostro LLM sta cercando di capire come le persone recensiscono un determinato prodotto, come ne parlano, quali sono i pro e i contro.
Adam Fry
Il sistema impara dalle tue preferenze. Se gli dici che ami solo vestiti neri o che diffidi di un certo brand, se ne ricorderà la prossima volta.
E quando trovi il prodotto che fa per te, ecco spuntare un discreto pulsante “Acquista”, che ti teletrasporta direttamente sulla pagina del venditore – che sia un gigante come Walmart o Amazon, o un negozio di nicchia.
Per ora, questa funzionalità si concentra su categorie ad alto tasso di ricerca come moda, bellezza, articoli per la casa ed elettronica, ma OpenAI ha già annunciato l’intenzione di allargare presto il campo d’azione.
E qui arriva il dettaglio a cui dovresti prestare molta attenzione:
La società di Sam Altman afferma, per il momento, che queste raccomandazioni sono “scelte in modo indipendente e non saranno pubblicità”.
Niente banner, niente posizionamenti pagati. Addirittura, l’azienda dichiara di non percepire commissioni sugli acquisti generati tramite il chatbot.
Un’utopia all’insegna della trasparenza?
Difficile crederlo sul lungo termine, e lo stesso Fry non ha escluso futuri esperimenti con modelli di affiliazione, ma per ora la narrazione è questa.
Una narrazione potente, che posiziona ChatGPT come un consigliere fidato, quasi un amico esperto di shopping.
E se vuoi che i tuoi prodotti finiscano in questa conversazione privilegiata?
OpenAI ha persino aperto un canale per candidarsi (la lista d’attesa è già molto lunga!).
La società di Altman, come vedi, sta lavorando forte per insidiare i competitor.
Ma come risponderà Big G? Accelererà i tempi per un assistente IA di Google Shopping?
Staremo a vedere, intanto a Mountain View, sembrano un po’ distratti sul versante ricerca.
Visti i problemi giudiziari è naturale che Google abbia ben altro a cui pensare…
Google sotto assedio dell’Antitrust (e OpenAI ne approfitta)
Ora, fai due più due. Un sistema intelligente che comprende le esigenze, offre consigli personalizzati basati su un’analisi ampia di fonti, facilita l’acquisto e si presenta (almeno inizialmente) come immune dalla pubblicità più sfacciata.
A chi sta dichiarando guerra OpenAI con questa mossa?
Un indizio: il bersaglio è grosso, luminoso e ha sede a Mountain View.
Il momento scelto per l’attacco è, dal punto di vista strategico, quasi diabolico.
Google è attualmente impelagata in una storica causa antitrust negli Stati Uniti e le cose stanno prendendo una brutta piega, come ti ho scritto qui.
Il giudice Amit P. Mehta ha già emesso un verdetto pesante lo scorso agosto, definendo Google un “monopolista” nel mercato della ricerca online che ha agito illegalmente per mantenere la sua posizione dominante.
Il Dipartimento di Giustizia americano (DOJ), rappresentato dall’avvocato David Dahlquist, non usa mezzi termini e chiede “rimedi” che potrebbero rivoluzionare il panorama digitale.
Si parla di costringere Google a condividere i suoi dati di ricerca con i concorrenti, di vietarle i lucrosi accordi (come quello da 20 miliardi di dollari annui con Apple) per imporre Google Search come predefinito su dispositivi e browser.
Ma la richiesta più esplosiva, quella che fa riecheggiare lo spettro dello smembramento di AT&T o Standard Oil, è l’obbligo di vendere Chrome.
Proprio lui, il browser che detiene circa i due terzi del mercato globale e che, secondo l’accusa, è un canale fondamentale per veicolare traffico verso la ricerca Google e generare profitti pubblicitari miliardari.
Il DOJ ha persino ventilato l’ipotesi di chiedere, in un secondo momento, la cessione di Android se le prime misure non bastassero.
Le ripercussioni, come ti avevo scritto, sarebbero davvero pazzesche.
Google, tramite il suo avvocato John Schmidtlein, respinge le accuse definendole “estreme”, stando alla sua versione il successo di Big G è dovuto unicamente “al duro lavoro e all’ingegnosità”, ma la pressione legale e mediatica è sempre più pervasiva.
OpenAI: “Se Google vende Chrome, noi ci siamo!”
In questo clima da resa dei conti, arriva la dichiarazione che getta benzina sul fuoco.
Durante una delle udienze del processo, Nick Turley, Head of Product di OpenAI, ha testimoniato senza troppi giri di parole, come riportato da Reuters:
se Google fosse costretta a cedere Chrome, OpenAI sarebbe “interessata” a comprarlo.
Immagina la scena: l’azienda che sta rivoluzionando la ricerca con l’ IA che acquisisce il browser più utilizzato al mondo. Sarebbe un game changer assoluto.
Turley, stando a Bloomberg, ha anche gettato luce sui rapporti non idilliaci tra i due giganti.
Ha confermato che OpenAI aveva cercato una partnership con Google l’anno scorso per utilizzare la sua potente tecnologia di ricerca, ma Google ha declinato l’offerta.
Attualmente, ChatGPT integra informazioni da Bing (il motore di ricerca di Microsoft, principale investitore in OpenAI), ma Turley, secondo quanto riportato da Bloomberg, ha ammesso “significativi problemi di qualità” con quello che ha definito “Provider No. 1”.
Avere accesso all’API di Google, ha dichiarato, “ci permetterebbe di fornire un prodotto migliore agli utenti”.
Queste mosse si inseriscono in una strategia di crescita aggressiva.
The Information ha riferito che OpenAI punta a ricavi stratosferici, 125 miliardi di dollari entro il 2029, partendo dai quasi 4 miliardi del 2024.
È chiaro che nuove fonti di guadagno, come potrebbero essere le commissioni di affiliazione dallo shopping o servizi legati a un eventuale Chrome targato OpenAI, sono al centro dei piani.
Lo stesso CEO, Sam Altman, in un’intervista con Ben Thompson di Stratechery, aveva accennato alle fee di affiliazione come potenziale flusso di entrate.
ChatGPT includerà le ads nel 2026?
A quanto pare, nonostante le passate dichiarazioni del CEO Sam Altman – che si professava contrario alla pubblicità (“I kind of hate ads”) preoccupato che potesse “manipolare la verità per soddisfare gli inserzionisti” – l’azienda starebbe pianificando l’introduzione della cosiddetta “monetizzazione degli utenti gratuiti”.
Tradotto dal linguaggio corporate:
se non paghi un abbonamento di ChatGPT, ci pensiamo noi a fare un po’ di cassa.
Come?
Con la pubblicità, ovviamente.
Questo potenziale cambio di rotta, che contraddice anche recenti rassicurazioni della CFO Sarah Friar, aprirebbe certo nuove opportunità per gli inserzionisti data l’enorme base utenti di ChatGPT (stimata sui 600 milioni mensili), ma potrebbe cambiare il quadro per chi, come te, punta a una visibilità organica basata sull’autorevolezza.
Ok, sono dei rumors, niente di definitivo, ma è bene non trascurare nessuna eventualità…
Se le risposte di ChatGPT iniziassero a essere influenzate da budget pubblicitari, distinguersi come fonte affidabile e neutrale diventerebbe ancora più difficile, e la necessità di una solida strategia SEO focalizzata sulla costruzione di autorità si farebbe persino più pressante.
Per questa ragione, se vuoi che ChatGPT (e non solo), prediliga i tuoi prodotti e li mostri ai potenziali clienti, devi rivolgerti a un’agenzia SEO che sappia come fare, non c’è altro modo per essere visibile sugli LLM e “guadagnare la loro fiducia”.
Il tuo business è pronto per farsi “capire” dall’intelligenza artificiale?
Va bene, la geopolitica tech è affascinante, ma torniamo a terra.
A te, che ogni giorno lotti per far conoscere i tuoi prodotti, i tuoi servizi, il tuo brand.
Cosa significa tutto questo bailamme per il tuo fatturato e la tua visibilità?
Significa che le regole del gioco stanno cambiando, di nuovo e più profondamente.
Non è più sufficiente scalare le classifiche di Google, un’impresa già ardua. Ora devi preoccuparti di diventare una voce autorevole anche per gli algoritmi degli LLM (Large Language Models), i cervelli elettronici dietro a ChatGPT e simili.
Perché se un potenziale cliente chiede consiglio su un servizio che tu offri, e l’IA cita entusiasticamente i tuoi concorrenti ignorando te, hai appena perso una battaglia campale senza nemmeno sapere che si stesse combattendo. Rischi di diventare trasparente per una fetta di mercato in crescita esponenziale, quella che userà l’IA come primo punto di contatto per l’informazione e lo shopping.
Pensi ancora che basti qualche parola chiave ben piazzata e un sito carino?
Mi spiace, ma l’intelligenza artificiale è più sofisticata.
Non si limita a contare i link o a scansionare keyword. Cerca di valutare la qualità intrinseca, l’affidabilità percepita, il consenso che si crea attorno a un brand o a un contenuto specifico all’interno di una nicchia. Analizza fonti disparate, dai siti editoriali ai forum, dalle recensioni degli utenti ai paper accademici. Pesa la tua reputazione complessiva.
Diventa quindi vitale trasformare il tuo sito e la tua presenza online in una fonte così solida, riconosciuta e stimata nel tuo settore, che gli LLM non possano ignorarti quando elaborano risposte pertinenti.
Essere citati, linkati o anche solo implicitamente riconosciuti come riferimento da un’ IA come ChatGPT non è solo una questione di prestigio digitale; è una pipeline diretta verso clienti potenzialmente molto qualificati in un mercato in rapida espansione.
Ma come si raggiunge questo status?
Il vero salto di qualità risiede nella costruzione di un’autorevolezza che vada oltre i confini del tuo sito.
Devi diventare una voce riconosciuta esternamente. Questo significa guadagnarsi menzioni, citazioni e link da altre fonti autorevoli nel tuo campo: testate giornalistiche, blog di settore rispettati, istituzioni accademiche, altri esperti riconosciuti.
Ciò non avviene per caso, ma è il frutto di un lavoro strategico e costante di Digital PR, di costruzione di relazioni, di diffusione di contenuti di valore che meritino di essere ripresi.
Ogni link di qualità, ogni citazione pertinente, ogni segnale di riconoscimento esterno è un potente voto di fiducia che gli algoritmi registrano e pesano. È un lavoro che richiede visione, pazienza e competenze specifiche, molto lontane dal semplice “inserimento keyword”.
Perciò hai bisogno di un consulente SEO che comprenda le dinamiche della SEO tradizionale e le nuove sfide poste dagli LLM. Un team di professionisti capaci di costruire non solo un sito tecnicamente perfetto, ma una reputazione digitale solida come una roccia, fatta di contenuti eccellenti e riconoscimenti esterni di valore.
Il futuro della tua rilevanza online si gioca oggi, nella capacità di diventare una fonte autorevole agli occhi delle IA.
Sei pronto a investire per assicurarti che la tua voce venga ascoltata, compresa e amplificata anche dall’intelligenza artificiale?
La domanda non è più se farlo, ma con chi farlo, e quanto velocemente.
E allora contatta la mia agenzia: insieme vedremo come lavorare per la visibilità del tuo brand (anche sulle IA).
Lo shopping arriva su ChatGPT: Domande & Risposte
Come funziona lo shopping integrato in ChatGPT?
Lo shopping in ChatGPT consente di ricevere consigli personalizzati su prodotti grazie a un’intelligenza artificiale che comprende preferenze e contesto dell’utente. Invece di mostrare semplici link sponsorizzati, propone opzioni mirate, corredate da immagini, recensioni e fonti autorevoli. Il sistema apprende dalle interazioni e guida l’utente fino all’acquisto sul sito del venditore.
OpenAI guadagna dalle raccomandazioni di prodotto in ChatGPT?
Secondo OpenAI, le raccomandazioni attuali sono selezionate in modo indipendente e non sono pubblicità. L’azienda non percepisce commissioni sugli acquisti generati dal chatbot, anche se non esclude in futuro l’uso di modelli di affiliazione. Al momento, l’obiettivo dichiarato è offrire un’esperienza trasparente e non influenzata da interessi pubblicitari.
Perché è importante diventare autorevoli agli occhi degli LLM come ChatGPT?
Gli LLM come ChatGPT selezionano le fonti più autorevoli quando rispondono agli utenti. Per essere citati nei loro risultati, non basta avere un sito ottimizzato: serve costruire una reputazione digitale forte, ottenendo riconoscimenti esterni, link e menzioni da fonti affidabili. Questo aumenta la probabilità che i propri prodotti o servizi vengano suggeriti dall’intelligenza artificiale.