Una mossa che solleva un polverone tra gli artisti, soprattutto quelli indipendenti, che si sentono usati e senza tutele di fronte a questa “nuova normalità” delle piattaforme.
SoundCloud ha modificato i termini di servizio da febbraio 2024, autorizzandosi a utilizzare la musica caricata dagli utenti per addestrare le proprie intelligenze artificiali. Questa decisione, evidenziata dall'esperto Ed Newton-Rex, ha causato una forte reazione negativa tra gli artisti indipendenti, che criticano l'assenza di un meccanismo di opt-out e l'uso non retribuito del loro lavoro creativo per fini commerciali dell'azienda.
SoundCloud e l’IA: la musica degli utenti usata per allenare i robot? Ma stiamo scherzando?
Senti questa, perché ha dell’incredibile.
Pare che SoundCloud, la piattaforma che tanti di noi usano per caricare e scoprire musica, abbia deciso di fare un “piccolo” aggiornamento ai suoi termini di servizio. Piccolo si fa per dire, perché in pratica si sono arrogati il diritto di usare i brani caricati dagli utenti – sì, anche i tuoi – per addestrare le loro intelligenze artificiali.
Te ne eri accorto?
Probabilmente no, perché queste cose le scrivono in piccolo, sperando che nessuno se ne accorga. Per fortuna c’è chi, come l’esperto di etica tecnologica Ed Newton-Rex, ha l’occhio lungo e ha tirato fuori l’inghippo, come descritto nel dettaglio da TechCrunch.
Da febbraio 2024, quindi, se hai caricato qualcosa, sappi che potrebbe essere diventato cibo per algoritmi. E il bello è che se sei un artista indipendente, non hai molta scelta: o così, o te ne vai.
I pezzi grossi, quelli con le major alle spalle, quelli magari si salvano grazie ad accordi specifici.
Ma tutti gli altri?
Carne da macello digitale, a quanto pare.
Non ti sembra che ci sia qualcosa che non torna in tutto questo?
E ti starai chiedendo: ma gli artisti, i musicisti che sudano sette camicie per creare qualcosa di originale, come l’hanno presa?
Immagina un po’.
Un vero e proprio vespaio, soprattutto tra gli indipendenti che vedono la loro creatività usata senza consenso esplicito e, soprattutto, senza vedere un centesimo. Perché, diciamocelo chiaramente, di un meccanismo di opt-out, ovvero la possibilità di dire “no grazie, la mia musica non la toccate”, neanche l’ombra.
Devi accettare il pacchetto completo, prendere o lasciare.
Suona un po’ come un ricatto, non trovi?
La cosa, come riportato anche da All About AI, ha scatenato un putiferio sui social, con creatori che si sentono traditi e usati.
E mentre SoundCloud si riempie la bocca parlando di “pratiche etiche” e collaborazioni con aziende IA, la realtà sembra raccontare una storia ben diversa, una storia dove la trasparenza è la prima a mancare.
Ma aspetta, perché la faccenda si fa ancora più interessante quando si guarda a cosa sta succedendo nel resto del mondo digitale.
La “nuova normalità” delle piattaforme o una deriva pericolosa?
SoundCloud, intendiamoci, non è certo la prima a fare giochetti simili.
Sembra quasi una nuova moda tra i colossi del web: da X (il fu Twitter) a LinkedIn, passando per YouTube, tutti sembrano aver fiutato l’affare nell’usare i dati degli utenti per nutrire le loro fameliche intelligenze artificiali.
Una tendenza che, come leggevo su SlashGear, solleva interrogativi enormi.
Parliamo di consenso, di proprietà intellettuale, di equa compensazione.
Stiamo davvero andando verso un futuro dove ogni nostra creazione, ogni nostro dato, diventa automaticamente una risorsa a disposizione di queste aziende per i loro scopi commerciali, mascherati magari da “innovazione”?
Il dibattito è apertissimo e, francamente, le risposte che arrivano dalle corporation sono spesso vaghe, piene di belle parole ma povere di sostanza.
Dicono di voler rispettare i diritti dei creatori, ma poi, nei fatti, ti ritrovi con clausole capestro nascoste in termini di servizio chilometrici.
E la domanda sorge spontanea:
Fino a che punto siamo disposti ad accettare questo scambio, dove la nostra creatività diventa il carburante gratuito per i loro profitti?
Forse è il momento di iniziare a porsi qualche domanda seria, prima che sia troppo tardi.