Amici AI per combattere la solitudine? La proposta di Zuckerberg che non convince tutti

Anita Innocenti

Tra scenari distopici e nuove opportunità di business, il progetto di Meta solleva dubbi sulla reale efficacia di una soluzione che potrebbe alimentare il problema che dichiara di risolvere

Mark Zuckerberg, CEO di Meta, propone l'intelligenza artificiale come potenziale cura per la solitudine, suggerendo chatbot come amici virtuali. L'idea ha scatenato un dibattito acceso, con psicologi ed esperti che esprimono scetticismo sui legami umani simulati e sollevano dubbi etici, specialmente considerando il ruolo dei social media nell'incrementare la solitudine. Ci si interroga se sia una soluzione reale o una nuova opportunità di business.

Amici IA per combattere la solitudine? Zuckerberg ci riprova, ma siamo sicuri che sia la cura giusta?

Senti un po’ questa.

Mark Zuckerberg, il papà di Facebook (o Meta, come si chiama ora, tanto per confonderci un po’ le idee), se n’è uscito con una delle sue: gli amici creati con l’intelligenza artificiale potrebbero essere la panacea per la solitudine che dilaga.

Sì, hai capito bene.

L’idea è che un amico in silicio, sempre pronto all’uso, possa colmare i nostri vuoti.

Immagina un po’ la scena: ti senti solo, hai voglia di fare due chiacchiere e, invece di chiamare un amico in carne ed ossa (ammesso di averne uno disponibile), ti rivolgi al tuo amico virtuale, un chatbot super evoluto.

Questa, in soldoni, è la visione che Zuckerberg sta sbandierando ai quattro venti in diverse interviste recenti. Secondo lui, visto che, a quanto pare, la gente vorrebbe avere una quindicina di amici ma in media ne ha meno di tre, l’IA potrebbe riempire questo ‘vuoto amicale’.

Come riportato da Axios, Meta sta già lavorando a chatbot che dovrebbero imitare l’interazione umana, e Zuckerberg prevede che entro cinque anni potremmo interagire con questi bot in modo immersivo grazie agli occhiali AR.

Comodo, no?

Un amico disponibile 24/7, personalizzabile, che condivide i tuoi interessi.

Praticamente un sogno… o forse no?

Perché, vedi, c’è un ‘ma’ grosso come una casa che pende su tutta questa bella favoletta tecnologica.

Un coro di “no grazie”: quando la “soluzione” puzza di bruciato

Appena Zuckerberg ha tirato fuori dal cilindro questa ‘genialata’, si è scatenato il finimondo. Psicologi, esperti di etica tecnologica, ma anche la gente comune sui social, non ci hanno messo molto a storcere il naso.

E come dargli torto?

C’è chi, come descritto da The Irish Times, ha paragonato le affermazioni di Zuckerberg a quelle delle grandi compagnie del tabacco che un tempo osavano dire che le sigarette facevano bene alla salute. L’idea che un algoritmo possa sostituire un legame umano autentico, fatto di empatia vera e non simulata, fa venire i brividi a molti.

Jeffrey Hall, un ricercatore della KU, ha sottolineato, come riportato da KU News, che la vera amicizia si basa sul ‘contare reciprocamente l’uno per l’altro’, non su un beneficio transazionale. E il rischio, nemmeno troppo velato, è che queste IA finiscano per manipolare le nostre emozioni per farci stare più tempo attaccati ai loro servizi, magari per venderci qualcosa.

Ti suona familiare?

Già, perché la storia sembra ripetersi, e Meta non è nuova a certe ‘sviste’ quando si tratta del benessere dei suoi utenti, anzi, sembra quasi una specialità della casa.

La solitudine ai tempi di meta: un problema creato o una nuova miniera d’oro?

E qui casca l’asino, come si suol dire.

Perché, vedi, c’è un piccolo, insignificante dettaglio che forse a Zuckerberg è sfuggito: diversi studi mostrano una correlazione inquietante tra l’uso massiccio dei social media e l’aumento della solitudine e dei problemi di salute mentale.

Proprio Facebook, la creatura di Zuckerberg nata con la nobile missione di ‘avvicinare le persone’, secondo alcune ricerche interne della stessa Meta, come svelato da Business Insider, avrebbe contribuito ad aumentare la solitudine in alcuni casi.

E non dimentichiamoci dello scandalo dei documenti interni che ammettevano come Instagram peggiorasse i problemi di immagine corporea in una ragazza adolescente su tre.

Quindi, la domanda sorge spontanea:

Meta vuole davvero risolvere il problema della solitudine con l’IA, o sta cercando di tappare una falla che lei stessa ha contribuito ad allargare, magari aprendo un nuovo, redditizio mercato?

D’altronde, come riportato da Mind Matters, Zuckerberg stesso ha ammesso che già un miliardo di persone usa l’IA di Meta ogni mese.

Un bel bacino d’utenza, non c’è che dire, pronto per essere ‘curato’.

Insomma, l’idea di un amico virtuale sempre disponibile può sembrare allettante, soprattutto in un mondo che ci vuole sempre più connessi ma che, paradossalmente, ci fa sentire spesso terribilmente soli.

Ma siamo sicuri che la risposta sia delegare i nostri bisogni emotivi più profondi a un algoritmo, per quanto sofisticato possa essere?

O forse stiamo solo cercando una scorciatoia che rischia di portarci ancora più lontano da quelle connessioni umane, imperfette ma reali, di cui abbiamo un disperato bisogno?

Lascio a te la riflessione.

Ma una cosa è certa: prima di abbracciare queste nuove ‘amicizie’ digitali, forse dovremmo chiederci chi ci guadagna davvero.

E, come al solito, la risposta potrebbe non piacerci affatto.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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