Google I/O 2025: Gemini diventa “universale”, rivoluzione o illusione?

Anita Innocenti

L’assistente AI di Google promette di rivoluzionare la nostra interazione con la tecnologia, ma solleva interrogativi sulla privacy, l’autonomia e il futuro del lavoro.

Al Google I/O 2025, Google ha svelato l'evoluzione di Gemini verso un assistente AI "universale", capace di agire attivamente per conto dell'utente in vari ambiti. L'integrazione pervasiva in Ricerca, Annunci, Commercio e Android promette maggiore efficienza. Tuttavia, la visione solleva importanti interrogativi su privacy, autonomia utente e impatto sociale.

Google I/O 2025: Gemini diventa “universale” o è solo un altro specchietto per le allodole?

Google, durante il suo ultimo evento I/O 2025, ha calato l’asso: Gemini, il suo pupillo nel campo dell’intelligenza artificiale, si prepara a diventare un assistente “universale”. Detta così, sembra la solita fanfara tecnologica, ma l’ambizione, come descritto sul blog ufficiale di Google, è quella di trasformarlo in un sistema capace non solo di darti informazioni, ma di agire attivamente per conto tuo.

Un po’ come avere un maggiordomo digitale, ma con il rischio che conosca i tuoi affari meglio di tua madre. L’idea è di infilarlo ovunque: nella Ricerca, negli Annunci, nel Commercio e persino su Android, cambiando radicalmente – almeno nelle loro intenzioni – come interagiamo con la tecnologia.

Ma la domanda sorge spontanea: siamo pronti per un assistente così “intelligente” e, soprattutto, lo vogliamo davvero?

La visione scintillante di Google: più potere all’IA, ma a chi giova?

Sul palco dell’I/O, i pezzi da novanta di Google non hanno lesinato in proclami. Sundar Pichai, il CEO, ha definito l’IA “un’opportunità grande quanto lo è possibile”, parole che suonano un po’ come il “tutto andrà bene” in versione corporate.

L’obiettivo, a suo dire, è creare sistemi “intelligenti e personalizzati”.

Gli fa eco Demis Hassabis di Google DeepMind, che promette meraviglie nel breve termine: Gemini 2.5 Pro, per esempio, dovrebbe essere in grado di simulare ambienti naturali e generare video dinamici con audio nativo grazie a modelli come Veo 3.

Poi c’è Project Astra, quella demo un po’ da film di fantascienza del 2024, che ora alimenta Gemini Live, permettendo interazioni in tempo reale con la fotocamera, tipo identificare un palazzo mentre sei in viaggio.

Utile, forse, ma fino a che punto?

Liz Reid, a capo della Ricerca Google, parla di un’evoluzione “dall’informazione all’intelligenza”, con Gemini che ci fornirà raccomandazioni personalizzate accedendo ai nostri dati, tipo Gmail e altre app.

Capisci bene, no?

Più dati gli dai, più lui diventa “intelligente”.

E non finisce qui: Vidhya Srinivasan, la general manager di Google Ads, ha mostrato agenti IA per lo shopping capaci di monitorare prezzi, completare acquisti e chiedere la tua approvazione.

Praticamente, un personal shopper che non ti giudica se compri l’ennesimo gadget inutile.

Bello, eh?

Peccato che questa “proattività” dell’IA sollevi qualche bandierina rossa sulla privacy e sulla reale autonomia delle nostre scelte.

Ma, ehi, chi siamo noi per mettere in dubbio il progresso, soprattutto quando è così comodo?
Dietro queste promesse scintillanti, quali sono le reali implicazioni per noi utenti e per il mercato?
Siamo davvero di fronte a un futuro migliore, o solo a una nuova, sofisticata, gabbia dorata?

Una corsa all’oro digitale con qualche ombra di troppo

Google non è certo sola in questa corsa sfrenata all’intelligenza artificiale. La competizione con attori come OpenAI e il suo atteso GPT-5, o le voci su un assistente AI targato Apple, si fa sempre più accesa.

Con Gemini che, a detta loro, vanta già 400 milioni di utenti attivi, la mossa di Google sembra voler consolidare una posizione dominante. Ma mentre i giganti della tecnologia si sfidano a colpi di algoritmi, chi pensa alle conseguenze?

Si parla tanto di come Gemini potrà aiutarci con Maps, Calendar e Tasks, automatizzando la nostra vita, o di come Deep Research aiuterà gli studenti con quiz adattivi.

Sembra fantastico, ma cosa succede quando questi strumenti diventano così pervasivi da influenzare non solo le nostre abitudini di consumo – con agenti AI che, come spiegato da Vidhya Srinivasan e riportato da Constellation R, gestiscono i nostri acquisti e i dati di fatturazione – ma anche il nostro modo di pensare e apprendere?

E poi c’è la questione del lavoro.

Quante professioni, basate su compiti routinari, rischiano di essere spazzate via da questi “assistenti universali”? Google presenta la cosa come un modo per liberare tempo e aumentare la produttività ma il confine tra aiuto e sostituzione è sottile, molto sottile.

La trasparenza, poi, è un altro bel nodo da sciogliere: quanto saremo consapevoli delle decisioni prese da questi algoritmi per nostro conto?

Insomma, mentre Google ci vende un futuro iper-personalizzato e automatizzato, la domanda sorge spontanea: a quale prezzo? E soprattutto, siamo sicuri di voler delegare così tanto a un’intelligenza artificiale che, per quanto “universale”, resta pur sempre uno strumento nelle mani di pochi, con agende non sempre così chiare?

Tra slogan accattivanti e la dura realtà dei fatti

L’industria, come al solito, si divide: c’è chi vede in questa spinta verso l’assistente universale una potenziale rivoluzione paragonabile a quella dello smartphone, e chi, come Microsoft, continua a puntare su strumenti AI più specializzati, tipo GitHub Copilot, pensati per nicchie specifiche.

Nel frattempo, Google tira fuori dal cilindro anche progetti come Google Beam, evoluzione del vecchio Project Starline, che promette telepresenza 3D per le aziende in collaborazione con HP e Zoom. Innovazione, certo, ma quanti di questi progetti mirabolanti si traducono poi in un reale, tangibile, miglioramento per la vita delle persone comuni, e quanti restano confinati a presentazioni d’effetto e a un mercato di élite?

La verità è che, al di là degli slogan e delle demo mozzafiato, la strada verso un’AI davvero “universale” e benefica è ancora lunga e piena di incognite.

Le promesse di Google con Gemini sono allettanti, non c’è dubbio, ma è fondamentale mantenere uno sguardo critico.

Perché se da un lato c’è il potenziale per semplificarci la vita, dall’altro c’è il rischio concreto di perdere controllo, privacy e, forse, anche un po’ della nostra umanità.

La vera sfida, quindi, non è solo tecnologica, ma soprattutto etica e sociale.

E la domanda che dovremmo porci tutti è: questo “indispensabile compagno digitale” che Google sta costruendo, sarà davvero un compagno o, piuttosto, un nuovo, potentissimo, controllore?

Ai posteri, e alla nostra vigilanza, l’ardua sentenza.

Anita Innocenti

Sono una copywriter appassionata di search marketing. Scrivo testi pensati per farsi trovare, ma soprattutto per farsi scegliere. Le parole sono il mio strumento per trasformare ricerche in risultati.

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