L’Europa mette in pausa l’AI ACT: dobbiamo sacrificare la privacy in nome della competitività? O c’è una terza via?

La Commissione Europea presenta un pacchetto normativo che potrebbe rivoluzionare privacy e tracciamento, ma il rischio deregulation solleva critiche da parte di attivisti e garanti

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📌 TAKE AWAYS

  • L’Unione Europea sta rallentando l’implementazione dell’AI Act e spingendo il nuovo pacchetto Digital Omnibus, una mossa che promette semplificazione per 155 miliardi di euro ma che, secondo attivisti e garanti, rischia di indebolire in modo significativo le tutele del GDPR, ridefinendo persino cosa debba essere considerato un dato personale.
  • La revisione normativa potrebbe favorire le Big Tech, sia per la possibilità di utilizzare i contenuti degli utenti attraverso sistemi opt-out, sia per l’allentamento delle regole sul tracciamento, lasciando le imprese europee più esposte mentre l’AI Act slitta di altri sedici mesi, creando una lunga fase di incertezza regolatoria.
  • Il vero nodo emerso dal dibattito è strutturale: l’Europa paga una grave carenza di infrastrutture digitali (data center, cloud, potenza computazionale) che la rende dipendente dagli Stati Uniti e spiega la corsa alla deregulation come tentativo di restare competitiva.
L’Europa rallenta l’AI Act e lancia il Digital Omnibus per semplificare le regole digitali e ridurre la burocrazia.
La revisione divide attivisti e aziende, tra timori di deregulation e nuove opportunità per il business.
Il nodo centrale resta la dipendenza tecnologica dell’UE e la necessità di rafforzare le infrastrutture digitali.

Fino a ieri l’Europa sembrava la maestrina severa che bacchettava le Big Tech sulle dita, brandendo il GDPR come una spada laser e promettendo un AI Act rigoroso per proteggerci dai robot cattivi.

Oggi?

Oggi sembra che la maestra abbia deciso di prolungare la ricreazione.

Hai sentito bene.

Bruxelles sta facendo un clamoroso dietrofront.

Sta mettendo in pausa l’AI Act e riscrivendo le regole del gioco con un pacchetto chiamato “Digital Omnibus“.

E qui viene il bello, o il brutto, a seconda di come la guardi: tutto questo impatterà direttamente su come il tuo business verrà trovato (o ignorato) dai tuoi clienti nei prossimi anni.

Non pensare siano noiose questioni politiche da burocrati.

È il terreno su cui dovrai far correre la tua azienda.

Seguimi, perché dobbiamo capire se questa è la boccata d’ossigeno che aspettavi per liberarti dalla burocrazia, o se stiamo regalando le chiavi di casa a Google e OpenAI.

Semplificazione o deregolazione selvaggia? Il dilemma da 155 miliardi

Partiamo dai soldi, che è la lingua più universale del mondo.

La Commissione europea, come scrive la vicepresidente Henna Virkkunen, ha messo sul piatto una promessa scintillante: far risparmiare alle imprese europee 155 miliardi di euro entro il 2029.

Come?

Tagliando la “burocrazia tecnologica”.

L’idea di base è che le aziende europee, dalle piccole realtà come la tua fino ai colossi industriali, passino troppo tempo a compilare moduli per la privacy e la sicurezza, perdendo terreno rispetto ai concorrenti americani e cinesi che corrono liberi e veloci.

Il Digital Omnibus nasce così con l’intento di semplificare.

Vuole uniformare le procedure tra i ventisette Stati membri (finalmente, direi), introdurre portafogli digitali unici per le imprese e rivedere le regole su privacy e cybersecurity.

Sulla carta suona come una musica celestiale: meno moduli, più business.

Ma c’è un rovescio della medaglia che sta facendo infuriare parecchia gente.

Associazioni per i diritti digitali come l’austriaca Noyb (guidata da Max Schrems, l’uomo che ha fatto tremare Facebook più volte in tribunale) gridano allo scandalo.

Sostengono che Bruxelles stia usando la scusa della semplificazione per smantellare le tutele del GDPR.

Dall’altra parte, le Big Tech sorridono sornione ma si lamentano che i cambiamenti sono ancora troppo timidi (bella strategia, non c’è che dire…).

E in mezzo ci sei tu, che devi capire se queste nuove regole ti aiuteranno a vendere di più o se ti renderanno “schiavo delle piattaforme”: in pratica, una miniera di dati da spremere!

Meme realizzato da Itxaso Domínguez de Olazábal pubblicato su LinkedIn 19 novembre 2025
Meme realizzato da Itxaso Domínguez de Olazábal

Quando i tuoi dati smettono di essere “tuoi”

Entriamo nel dettaglio, ora.

Perché il diavolo si nasconde nelle clausole minuscole, quelle che si vedono solo con una bella lente di ingrandimento.

Una delle proposte più scivolose riguarda cosa consideriamo “dato personale”.

Oggi, se un’informazione può portare a identificarti, è protetta dal GDPR.

Domani, con il Digital Omnibus, il criterio potrebbe diventare molto più elastico (come puoi leggere qui).

Se un’azienda pubblicitaria traccia gli utenti con dei codici tipo “utente_5687” e dichiara di non voler sapere chi c’è dietro quel codice, quei dati potrebbero uscire dal perimetro delle regole più stringenti.

La Commissione dice che questo farà risparmiare 5 miliardi di euro in burocrazia come riporta Wired.

Ma le associazioni replicano: stiamo permettendo alle aziende di decidere da sole quando applicare la legge?

Al di là delle beghe politiche, per te imprenditore cosa cambia?

Potrebbe diventare più facile gestire i dati dei clienti senza il terrore di sanzioni milionarie per un errore formale.

Ma significa anche che i tuoi dati, e quelli dei tuoi clienti, saranno merce molto più accessibile per i grandi player che vendono pubblicità.

E poi c’è la questione dei cookie banner.

Sì, quelle finestre fastidiose che tutti chiudiamo senza leggere.

L’Omnibus vuole ridurli drasticamente.

Insomma, se raccogli statistiche generali o fai controlli di sicurezza, non dovrai più chiedere il permesso.

Ottimo per l’esperienza utente sul tuo sito, vero?

Meno click, meno ostacoli, più conversioni.

Ma attenzione: le categorie come “finalità di sicurezza” sono vaghe.

Chi controlla che, con la scusa della sicurezza, qualcuno non stia spiando le abitudini di navigazione per venderti meglio un paio di scarpe (o profilarti in altro modo, provare a persuaderti, plasmare le tue opinioni, anche durante le campagne elettorali, per esempio)?

L’AI Act va in pausa: 16 mesi di respiro (o di ritardo?)

Forse la notizia più scioccante è lo stop tecnico all’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale che doveva essere quasi un monito per il mondo intero.

La Commissione ha proposto una proroga fino a 16 mesi per rispettare alcuni obblighi chiave.

La motivazione ufficiale è pragmatica: le istruzioni tecniche non sono pronte e le aziende non sanno come adeguarsi.

Per evitare multe ingiuste, si prende tempo.

La Ccia, la lobby che rappresenta i giganti tecnologici USA, applaude.

Brando Benifei, l’eurodeputato italiano che è stato il padre dell’AI Act, è molto meno entusiasta, come dichiarato all’ANSA.

Ha definito alcune proposte “inaccettabili”, sottolineando come questo rinvio rischi di lasciare i cittadini scoperti di fronte a discriminazioni algoritmiche o sistemi sanitari basati su IA non verificate.

Ad esempio propone che gli sviluppatori, comprese le big tech non europee, possano non rendere pubblica la loro scelta di autodefinire i propri sistemi di intelligenza artificiale “non a rischio”, non lasciando alcuna traccia e impedendo così i controlli.

Inoltre il rinvio proposto porterebbe a ritardare in modo eccessivo l’entrata in funzione di regole che sono preposte, ad esempio, a contrastare discriminazioni nelle assunzioni lavorative e a consentire ai pazienti di potersi fidare del sistema di intelligenza artificiale usato dal proprio medico.

Brando Benifei

Beh, per il tuo brand, questo significa che continueremo a navigare a vista ancora per un po’.

I motori di risposta basati su IA (quelli su cui dobbiamo posizionare il tuo brand, ricordi?) opereranno in una zona grigia più a lungo del previsto.

Big Tech a tavola: i tuoi contenuti per addestrare la loro IA

Qui arriviamo al punto dolente, quello che potrebbe farti storcere un po’ il naso.

Per recuperare il gap con USA e Cina, l’Europa sta pensando di permettere a Meta, Google e Amazon di usare i contenuti pubblicati dagli utenti (foto, post, recensioni) per addestrare le loro intelligenze artificiali.

Fino a ieri serviva un consenso preventivo.

La proposta Omnibus, invece, introduce l’opt-out.

Tradotto: loro si prendono i dati di default, sta a te (o ai tuoi clienti) dire di no.

Per te che guidi un’azienda, è una lama a doppio taglio, se ci pensi…

Da un lato, strumenti come ChatGPT o i generatori di immagini diventeranno più potenti e intelligenti (e utili per il tuo marketing).

Dall’altro, i contenuti unici che crei per il tuo brand verranno aspirati dai modelli linguistici senza che tu veda un centesimo, e usati per rispondere alle domande degli utenti direttamente nella chat, magari senza nemmeno mandarli sul tuo sito.

È qui che il lavoro di un’agenzia SEO deve evolversi: non basta più “essere trovati”, bisogna diventare l’autorità che l’IA cita, non la materia prima che l’IA consuma.

La furia degli attivisti: “È un tradimento”

Non credere che tutto questo stia passando sotto silenzio.

La reazione di EDRi (European Digital Rights), la rete che riunisce i difensori dei diritti digitali in Europa, è stata violentissima.

Non usano mezzi termini: parlano di “smantellamento delle protezioni” e di un sistema basato sulle regole conquistato a fatica che viene gettato al vento.

In un comunicato di fuoco rilasciato il 19 novembre 2025, l’EDRi afferma che il Digital Omnibus è “un passo indietro massiccio”.

Ella Jakubowska, responsabile delle politiche di EDRi, ha posto una domanda retorica che dovrebbe farti riflettere:

“Chi beneficia davvero di questa agenda di deregolamentazione? Perché se vuoi respirare aria pulita, proteggerti dagli abusi e andare online senza essere tracciato da centinaia di attori malevoli, di certo non sei tu”.

Secondo loro, la Commissione sta cedendo alle pressioni dell’amministrazione Trump (ecco l’ombra lunga della geopolitica) e delle lobby tech, saltando le valutazioni d’impatto e le consultazioni pubbliche.

Post di European Digital Rights su LinkedIn 19 novembre 2025

Èxaso Domínguez de Olazábal, la consulente politica di EDRi, ha sintetizzato la situazione con un’immagine potente:

Se la Commissione dedicasse la stessa energia a far rispettare le leggi digitali quanta ne mette nel svuotarle, non staremmo discutendo di semplificazione. Il regolamento europeo non ha bisogno di un lifting. Ha bisogno di una spina dorsale.

Èxaso Domínguez de Olazábal

Beh, come si dice in questi casi: mic drop.

Post di People vs Big Tech su LinkedIn 19 novembre 2025

La sovranità perduta: siamo una colonia digitale?

Ma perché l’Europa sta facendo tutto questo?

Perché questa fretta sospetta di Ursula von der Leyen?

Una foto di Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen

La risposta risiede nella paura.

La paura di essere diventati irrilevanti.

Ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Andrea Signorelli, giornalista esperto di tecnologia, che mi ha offerto una prospettiva lucida e, lasciamelo dire, abbastanza inquietante.

Quando gli ho chiesto se progetti come Mistral AI (la risposta francese a OpenAI) bastino a garantirci un posto al sole, la sua risposta è stata netta.

“Mistral AI è un segnale importante, ma anche un po’ simbolico”, mi ha detto Andrea.

“È considerata la risposta europea, ma ha investitori e legami esterni. Il fatto che ci sia praticamente solo una realtà di questa scala sul continente la dice lunga sul ritardo che abbiamo accumulato”.

Il problema vero non sono il GDPR o i cookie.

È che non abbiamo le infrastrutture.

Non abbiamo i data center, non abbiamo il cloud, manca la base tecnologica su cui tutto questo dovrebbe poggiarsi.

“Siamo abituati a considerare la nostra dipendenza dagli Stati Uniti come una cosa scontata”, avverte Signorelli.

“Ma se Donald Trump volesse, potrebbe ‘staccare la spina’ a buona parte dei nostri sistemi digitali”.

Riesci a immaginare il tuo business se domani mattina Microsoft, Google e Amazon decidessero di chiudere i rubinetti verso l’Europa?

Ecco perché l’Europa sta cercando disperatamente di favorire l’investimento, anche a costo di sacrificare un po’ di privacy.

Signorelli cita anche il caso di Lumo di Proton, un tentativo di IA svizzera basata sulla privacy.

Le sue prestazioni sono inferiori a GPT-4?

Certo che sì.

Ma non perché è “etica”, bensì perché Proton non ha i soldi di Microsoft (al contrario della creatura di Sam Altman).

E manco il sostegno del governo USA, aggiungerei.

Già, perché il fatto che un modello debba rinunciare all’efficienza per essere trasparente, è una vecchia favola.

Si tratta di una questione di mezzi, non di filosofia.

Per esperienza so che gli aut aut, in questi casi, sono sempre semplicistici e raccontano solo metà della storia.

C’è (quasi) sempre spazio per la negoziazione e per le scelte win-win.

Perciò un modello efficiente che rispetta i dati degli utenti (e delle aziende) non è utopia, come per esempio sta tentando di dimostrare Mira Murati con il suo Thinking Machines Lab.

Tra deregulation, IA e nuove piattaforme, solo l’identità di brand può fare la differenza

Torniamo a noi. A te che guardi lo schermo e ti chiedi:

“Ok, l’Europa è nel caos, Trump incombe, le Big Tech si mangiano i miei dati. Io che faccio?”.

L’errore più grande sarebbe paralizzarsi.

Il secondo errore sarebbe pensare che “deregulation” significhi che puoi smettere di preoccuparti della qualità del tuo presidio online.

Anzi, è l’opposto.

In un contesto in cui le barriere all’entrata si abbassano e l’IA genera contenuti a tonnellate, l’unica cosa che ti salverà è l’identità del tuo brand.

Ecco perché serve un cambio di passo.

Non ti serve più solo il “tecnico SEO” che ti aggiusta i meta-tag. Ti serve un consulente SEO che metta a punto una strategia di visibilità che tenga conto di questi tre fattori:

  • Autorevolezza Reale: se l’IA si addestra sui tuoi contenuti, dobbiamo fare in modo che tu sia la “fonte primaria”. Dobbiamo strutturare le informazioni sul tuo sito in modo che i nuovi motori di ricerca (SearchGPT, Perplexity, Google AI Overviews) riconoscano che tu sei l’esperto.
  • Diversificazione: non possiamo dipendere da un solo canale. Se Google cambia algoritmo o l’Europa cambia legge, tu devi avere un contatto diretto con i tuoi clienti. Newsletter, community, brand forte.
  • Dati Proprietari: se l’Europa rende più facile il tracciamento, bene per le tue campagne, ma ricorda che i dati di prima parte (quelli che i clienti ti danno volontariamente) sono l’oro del futuro. Costruisci il tuo database, non affittarlo da Zuckerberg o chi per lui.

L’Europa dovrà scegliere tra la protezione dei dati e la sopravvivenza economica?

È una scommessa rischiosa.

Ma tu, devi fare una scelta: restare a guardare mentre le regole cambiano, o anticipare il gioco e costruire un brand così solido che nessuna legge e nessun algoritmo possano cancellare.

La transizione è iniziata. Le macchine sono accese.

Tu sei pronto a guidare o ti farai trasportare?

Se vuoi agire sul serio rivolgiti alla mia agenzia.


L’Europa mette in pausa l’AI Act con il Digital Omnibus: domande frequenti

Perché l’Europa ha messo in pausa l’AI Act?

La Commissione Europea ha deciso di prorogare alcuni obblighi dell’AI Act fino a 16 mesi perché le istruzioni tecniche non erano pronte e le aziende non avevano ancora gli strumenti per adeguarsi. L’obiettivo dichiarato è evitare sanzioni ingiuste e concedere più tempo per una transizione ordinata.

Che cosa prevede il nuovo Digital Omnibus?

Il Digital Omnibus introduce una revisione ampia delle regole sulla privacy e sul tracciamento, con l’obiettivo di ridurre la burocrazia per le imprese europee e generare un risparmio stimato di 155 miliardi di euro entro il 2029. Tra le novità più discusse ci sono la maggiore elasticità nella definizione di dato personale, la drastica riduzione dei cookie banner e l’introduzione dell’opt-out per l’uso dei contenuti degli utenti nell’addestramento delle IA.

Perché il Digital Omnibus sta suscitando critiche?

Associazioni per i diritti digitali come EDRi e Noyb denunciano che il Digital Omnibus rischia di smantellare le tutele del GDPR, rendendo i dati personali più vulnerabili e favorendo le Big Tech. Criticano inoltre la possibilità di usare i contenuti degli utenti attraverso un sistema opt-out e il pericolo che categorie come “finalità di sicurezza” diventino scappatoie per un tracciamento più invasivo.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

5 commenti su “L’Europa mette in pausa l’AI ACT: dobbiamo sacrificare la privacy in nome della competitività? O c’è una terza via?”

  1. Ritengo questa sospensione un velo sottile che copre la nostra reale incapacità di governare il dato, preferendo un’accelerazione cieca. L’incertezza regolatoria è il pane quotidiano per chi non sa decidere; questa fretta è un alibi per la debolezza infrastrutturale.

    1. Emanuele Barbieri

      Questa rincorsa normativa è un balletto tragicomico; la competitività, sempre la scusa per svendere i dati. Terza via? Un miraggio per ingenui.

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